Facciamo presto

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Carmelo Romeo, Progetto di alimentazione N.d.R. 14. 05. 1975

I dati: lo scontro nel Pd è ferocissimo; le elezioni non sono quasi una ipotesi praticabile perché c’è la pronuncia della Consulta e tra una cosa e l’altra si arriva ad aprile; le dimissioni di Renzi sono l’unico modo che aveva per fingere una dignità che non ha; l’attaccamento di questa classe dirigente al potere nasce nelle pieghe di un’arroganza infantile, non avendo niente a che fare con l’anelito a un progetto ma solo con l’euforia della vittoria (un po’ come a playstation); Napolitano continua a essere un fulcro della questione; Mattarella pare avere una indole assai pigra; i grillini sono come le iene che appaiono dopo che è scampato il pericolo che a ucciderti sia il boa constrictor. Segue la malinconia dei forzisti, la volgarità dei leghisti, e la discronia della sinistra del PD che si incarna in apparizioni spettrali, come l’intervista a Vendola e l’ipotesi Pisapia.

I fatti: il referendum ha incassato molti più no di quanto si prevedesse. Non è stata solo la vittoria delle reazioni, è stato anche sommovimento contro la gestione padronale della politica di un premier che si è distinto per ignavia, pochezze di idee e al contempo capacità di imporle, determinando una impasse culturale prima che politica alla quale si è deciso di resistere. La manifestazione delle donne è stato un evento fantastico e l’aggettivo non va inteso come splendido ma come extra ordinem: senza lo sguardo triste questa moltitudine si è presa non una piazza o una strada, si è presa un orizzonte, ha candidato un programma. Roba incredibile per questi tempi, un programma contro la pratica dell’occupazione delle vite da parte dell’altro, che esso si chiami uomo o capitale.

Gli assiomi: comunque vada a finire la crisi, sia che Renzi si imponga su quel festival di narcisismi che è diventato il Partito Democratico con un suo governo bis che ci accompagni a colpa di fiducie fino all’estate, sia che si spolveri il volto senza rughe di Gentiloni con la missione rassicurare il paese (cioè iniettare dosi massicce di bromuro istituzionale, l’equivalente della noia da discorso di capodanno del presidente della repubblica moltiplicata per i prossimi giorni di governo), sia che si allarghino, anche se sembra improbabile, la base del governo a altri partiti, a partire dai forzisti, sia, infine, nonostante l’oggettiva impossibilità dei tempi che si vada a elezioni nel tripudio sinistro (per dire minaccioso) dei grillini una cosa è certa: siamo di fronte a un asse partitico istituzionale del tutto scollato dalla possibilità di farsi rappresentanza sia degli esiti del referendum sia dalla potenza sprigionata dalla manifestazione.

Conclusioni: è il momento di accelerare su ogni terreno di lotta. Rianimare lotte sindacali anche senza sindacati. Dare continuità al miracolo di non una di meno, ricompattare le radicalità insorgenti e chiamare alla conta quelle che si sono costituite in esperimenti istituzionali (Napoli soprattutto). Diventare incudine che scavi nelle contraddizioni che le miserie di queste trattative hanno sbattuto sul tavolo. Miserie che non ci riguardano e anche per questo noi siamo e saremo i vincitori. Se solo ci muoviamo.

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