Per Bifo

Tre variazioni di senso intorno al lavoro intellettuale, oggi

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Istubalz, Narada (2020).

ed è quindi impossibile fissare il senso delle parole,
in quanto non può essere fissato (senza mistificazione) il senso delle cose
Bifo 

Per Bifo, ovvero secondo le ipotesi esposte dall’ancora ventenne Franco Berardi in Scrittura e Movimento del 1974, il soggetto di un discorso materialistico intorno alle pratiche culturali contemporanee avrebbe dovuto – in una perfetta corrispondenza tra forma di scrittura e contenuto politico – «scrivere» del (e «muovere» dal) fenomeno di inscrizione del lavoro intellettuale nel processo produttivo, dunque, al livello della lotta di classe, dagli atteggiamenti della nuova soggettività operaia e antagonista, produttrice a un tempo di plusvalore e conflitto, emersa nelle pieghe della crisi della società fordista: un soggetto pratico complessivo, dunque, capace di scorgere nell’occupazione di Mirafiori del marzo 1973 la massima emergenza e, insieme, l’arretramento sul piano conflittuale dell’operaio massa a favore di una composizione sociale e politica proletario-cognitiva, dispiegata al di là del regime di fabbrica e, in particolare, del ciclo dell’auto, che esercitava quotidianamente il rifiuto, ormai diffuso, del lavoro. La lotta infatti, a quell’altezza, trasformava sia i rapporti di classe generali sia le forme di vita, orientate ormai al comune, alla felicità, alla condivisione (anche del salario). La questione dell’organizzazione politica e culturale si riproponeva in tutta la sua centralità: irrisolvibile dalle forme del partito (anche nella struttura embrionale del gruppo) e dell’avanguardia, essa avrebbe dovuto confrontarsi con la conoscenza socialmente diffusa, incarnata nei corpi e nei movimenti di classe, e muovere dunque dall’analisi del lavoro intellettuale e dalla definizione del rapporto che esso intratteneva con la classe antagonista.

In questa prospettiva, illuminata dal riconoscimento del processo di proletarizzazione del lavoro intellettuale ed educata sulla lettura operaista del Marx dei Grundrisse, la scienza diveniva forza produttiva e, a livello soggettivo, tecnici e studenti, ma non solo, erano recuperati al movimento operaio. La figura dell’intellettuale, a partire dal riconoscimento del processo di massificazione e proletarizzazione della condizione letteraria che contraddiceva qualsiasi ipotesi idealistica circa la separazione della produzione di testi dalle leggi di accumulazione del capitale, poteva configurarsi come soggetto complessivo, a un tempo forza produttiva e classe politica, e la corrispondente pratica significante (teorica, artistica) come intervento capace di modificare i rapporti materiali dominanti. Il testo di Bifo, alla luce del presente, appare dunque come un’anticipazione delle pratiche testuali e artistiche della cosiddetta avanguardia di massa del Settantasette, ma anche dei dispositivi sussuntivi (però sempre conflittuali) vigenti nell’attuale capitalismo bio-cognitivo, che individua nella conoscenza diffusa la principale forza produttiva. Come è accaduto? Perché una moltitudine ha assunto gli atteggiamenti in quella occasione colti nella loro prima emersione?

Per Bifo, si potrebbe rispondere, ovvero: «anche» grazie a Bifo, quella previsione all’apparenza straordinaria, ma soltanto cedendo alle tentazioni dell’idealismo, si è fatta concreta e presente. Il Settantasette, al quale Bifo, il collettivo A/traverso e Radio Alice notoriamente hanno contribuito in maniera decisiva per ciò che riguarda la pratica teorica generale, fu proprio l’emersione di massa della figura dell’operaio sociale incarnata nel movimento reale del proletariato giovanile, che rifiutava il lavoro e affermava la politicità del quotidiano al di là del regime di fabbrica.

Se il testo di Bifo informava già la teoria estetica delle acquisizioni dell’operaismo che aveva riscoperto e politicizzato il frammento sulle macchine di Marx, il movimento del Settantasette pochi anni dopo avrebbe conseguito, praticamente, un’intenzionale trasformazione delle forme tradizionali (ancora fordiste) della rappresentanza e della rappresentazione, capace di interrogare anche le corrispondenti teorie dell’arte (Calvesi con l’ipotesi sull’avanguardia di massa), della comunicazione (Eco e l’italo-indiano dei «nuovi barbari»), della politica (la narrazione sul partito armato e il complotto).

Il fenomeno di proletarizzazione del lavoro intellettuale, individuato da Bifo come paradigma prospettico nel quale tratteggiare un profilo storico delle pratiche culturali presenti, avrebbe costituito la base materiale sulla quale fondare l’uso operaio della tecnologia e del sapere praticato dal Settantasette attraverso forme inedite di editoria, stampa, grafica, videoproduzione. La trasformazione del modo di produzione teorico-testuale, auspicata in Scrittura e movimento e non ancora conseguita dagli intellettuali inconsapevoli della propria collocazione nel processo produttivo e nelle lotte, era stata ovviamente ignorata dalle mistificazioni realistiche e formalistiche e soltanto sfiorata dal Gruppo 63 (poiché incapace di sviluppare una coscienza di parte operaia), ma veniva realizzata nel movimento italiano attraverso la scrittura collettiva, anonima, ironica e ludica (il «gioco del rovesciamento»): una scrittura immediatamente pratica, produttrice di realtà e adeguata al livello di maturità dello sviluppo capitalistico come nel caso, paradigmatico, dall’uso politico delle informazioni false, inteso come intervento capace di modificare i rapporti materiali.

Il Settantasette realizzò dunque il momento, anticipato da Bifo, «in cui il lavoro intellettuale riconosce la propria base sociale e quindi la determinatezza della propria pratica, […] inserendosi nel progetto di liberazione della classe operaia dal lavoro salariato». Momento che libera la possibilità di conoscenza, che «è conoscenza del movimento […]. Solo quando il movimento diviene il soggetto della conoscenza diventa possibile comprendere la realtà non come riproduzione allargata, ma come contraddizione, e, appunto, movimento».

Il testo di Bifo, però, non anticipa soltanto il Settantasette, essendo nei fatti, volendo aggiornare la terminologia, uno spoiler del capitalismo bio-cognitivo, a livello dei dispositivi di estrazione di plusvalore – la conoscenza sussunta alle leggi di accumulazione del capitale – ma anche delle corrispondenti pratiche antagonistiche: se è vero infatti che il linguaggio, le relazioni e le forme generali di autorappresentazione oggi alimentano direttamente il capitale, come è evidente nel caso dei social network ormai orientati alla costruzione di un Meta-mondo, il «soggetto complessivo» non può ignorare le pratiche di produzione, riproduzione e condivisione testuale, visuale e sonora dispiegate al di là del regime di copyright, eccedenti la sussunzione biopolitica poiché inseparabili dal corpo vivo dei produttori reali, i quali cooperano attraverso reti affettive e culturali che violano costantemente il diritto di proprietà (download selvaggio, condivisione diffusa): pratiche, anche «artistiche», che non «rappresentano» il mondo essendo intenzionalmente produttrici di ambienti e situazioni altre (come si può apprezzare nell’ambito di certa musica elettronica sperimentale, sempre più incentrata sull’uso del materiale preesistente al fine di costruire, appunto, un ambiente sonoro, ma anche nella proliferazione, sempre più comunitaria e per nulla insignificante, di fake news, GIF e meme, la cui specificità non «rappresentativa» potrebbe spiegare il fenomeno di incomprensione testuale riconosciuto nella fascia di utenza occupata dalla figura del boomer).

La previsione bifiana può dirsi concreta (e concretizzata) anche perché sempre si prevede, come aveva intuito Gramsci, nella misura in cui si opera e si contribuisce a realizzare il risultato previsto: una previsione corrispondente dunque alla pratica di costruzione di un’attitudine comune e di un senso collettivo, fondata sul riconoscimento della tendenza. Se Scrittura e movimento si mostrava, allora, come una lettura del presente alla luce del futuro, oggi si presenta nella forma di un attrezzo fondamentale per le soggettività impegnate quotidianamente nella lotta del comune, per il comune.

Il breve testo che qui si propone, nelle intenzioni di chi scrive, un contributo per i lettori della nuova edizione e, in ultima istanza…

Per Bifo, nel senso (già althusseriano) dell’omaggio antiumanistico che una rete di ricercatori militanti può rendere a un gigante della pratica teorica radicale, con il vantaggio offerto dal rapporto di conoscenza e, nei casi più fecondi, di amicizia e di lotta. Il metodo marxiano della tendenza, nelle mani di un soggetto pratico complessivo come Bifo (non a caso capace di offrire le letture più convincenti anche nel presente pandemico), è ancora strumento efficacissimo nella trasformazione felice dell’esistente. Oggi come allora. La barca dell’amore non si è spezzata.

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