Scusa ma di che lotta stai parlando?

Istubalz Inferni 21 (2)
Istubalz, Inferni (2021) - dettaglio.

Qualche giorno fa OperaViva Magazine ha pubblicato un mio testo, Abbandona le illusioni e preparati alla lotta. La frase del titolo non è mia, ma di Mao Zedong, e confesso che la mia intenzione era leggermente ironica. Ma ho dimenticato che il presidente Mao non è più tanto conosciuto come era ai tempi in cui ero studente. A quel tempo, pur non essendo maoista citavo spesso Mao per fare un po’ lo spiritoso. Credo che Martina abbia capito, e infatti mi ha risposto per prendermi un po’ in giro amaramente e cortesemente: «Ok, da dove cominciamo?». Molti invece (e li ringrazio) mi hanno preso sul serio e mi hanno chiesto in vari modi: potresti spiegare meglio cosa vuol dire prepararsi alla lotta? Eccomi.

Credo che tutti abbiano capito o almeno intuito che stanno per arrivare tempi ancor più oscuri di quelli che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni. Il fascismo ritorna, dicono i nobili amici della sinistra, che chiamano a reagire, e avvertono che i vincitori probabili si preparano (addirittura) a stravolgere la Costituzione. Ma di che Costituzione stanno parlando? Quella che all’articolo 11 dice che l’Italia ripudia la guerra? O quella che all’articolo 41 dice che l’impresa privata è legittima fin quando non entra in contrasto con l’interesse pubblico? Quella Costituzione non esiste più se non sulla carta, perché a nulla serve la legge se non c’è la forza per imporne i contenuti. Quella forza è stata distrutta (anzitutto dalla sinistra) ormai da qualche decennio.

Non intendo affatto minimizzare il disastro del fascismo che ritorna anche in Italia dove è stato inventato. Lo vediamo ruggire dovunque, il fascismo di ritorno: dall’India del razzismo induista, alla Russia stalino-zarista all’Ucraina di Zelenskyy, dall’America di Trump al Brasile dove un folle incendia la foresta amazzonica. Facciamocene una ragione: il fascismo dilaga dappertutto, ma forse è qualcosa di diverso dal fascismo di un tempo, che era euforia aggressiva di popoli giovani che volevano espansione economica e conquiste coloniali, e si armavano per questo prima di precipitare nell’abisso degli anni Quaranta. Ora è diverso: si tratta della demenza di un’umanità senile, spaventata della «contro-invasione» di migranti giovani che minacciano la superiorità razziale bianca. Si tratta dell’esercizio isterico di un’aggressività senza energia. Geronto-fascismo chiamiamolo così, anche se molti suoi leader e suoi elettori sono in giovane età. Purtroppo il geronto-fascismo dispone di armi micidiali che possono distruggere tutto, e lo stanno distruggendo.

Occorre preoccuparsi? Non so, io direi che occorre prepararsi a vivere come alieni in un pianeta che non è più riconoscibile, e come saggi in un pianeta popolato da dementi. Quello che si è scatenato è un cataclisma di magnitudo molte volte superiore a tutti i cataclismi che abbiamo conosciuto. Al convegno di Comunione e liberazione hanno applaudito con lo stesso entusiasmo la sovranista Meloni e il pilota automatico Draghi. Perché? I due hanno detto cose diverse, apparentemente opposte, ma questo non cambia niente. Il rabbioso nazional-sovranismo promette sconquassi, ma si piega disciplinato alla regola automatica della banca. Chi non l’ha capito continua ad accalorarsi inutilmente. La mia preoccupazione non è Giorgia Meloni, ma il crollo di interi comparti del sistema industriale europeo provocato da una guerra criminale in cui l’Europa ha tutto da perdere e lo sta perdendo. È l’inflazione che schizza in alto mentre i salari sono bloccati, la disintegrazione delle strutture pubbliche che hanno fin qui sorretto la vita civile.

Il cataclisma in arrivo: temperature infernali, fiumi in secca, scarsità di risorse alimentari e di gas, mancanza di energia elettrica, e soprattutto di energia nervosa, depressione di massa e demenza aggressiva. È il risultato inevitabile di quaranta anni di privatizzazione generalizzata e di precarizzazione del lavoro e della vita. Il geronto-fascismo meloniano vuole che le donne riprendano a fare figli per la patria, innocenti da gettare nella fornace di temperature impossibili, in un pianeta da cui sta scomparendo l’acqua. È questo lo scenario che ci aspetta, non il fascismo. I fratelli d’Italia vogliono fare la guerra contro il caos senza sapere, poveretti, che chi fa la guerra al caos non può che perderla, dato che il caos si alimenta della guerra. Perderanno, perderanno presto. Ma intanto avranno distrutto quel poco che rimane della civiltà. E allora di che lotta stiamo parlando?

Ci saranno rivolte di massa, scioperi a oltranza di settori come i ferrovieri o i portuali inglesi ma difficilmente riusciranno a fare fronte comune, ci saranno folle impazzite dalla rabbia e dalla fame, ci saranno conflitti armati tra le risorte nazioni europee. Ma nessuna rivoluzione potrà fermare la barbarie, perché la volontà umana ha perduto il comando sull’evoluzione. Quella che si prepara è un’oscillazione gigante del pendolo della storia, un’oscillazione che porterà l’umanità fuori dalla storia del capitale. Ma non sarà la rivoluzione che renderà governabile il cataclisma-oscillazione. Sarà la diserzione.

Disertare è la lotta che ci aspetta. Disertare la guerra, prima di tutto. Disertare la guerra che divampa e divamperà sempre più largamente, perché quando il nazionalismo contagia la mente collettiva la guerra si prepara in ogni nicchia. Disertare il lavoro salariato che tanto non serve più per sopravvivere, ma serve ad alimentare una crescita che devasta il pianeta e arricchisce solo una piccola minoranza. Disertare il consumo di tutte quelle sostanze che come la plastica devastano l’ambiente e la mente. Alimentare comunità indipendenti che abbandonano il pianeta in fiamme (per andare dove? a questo ci penseremo). Disertare la politica, arte inutile incapace di comprendere, e di governare. Disertare la procreazione per non rovinare la vita di chi per sua fortuna non è ancora nato.

Ecco la lotta che ci aspetta. Scappiamo, nascondiamoci, non investiamo energia in una gara che abbiamo già perso tutti, mettiamoci al sicuro in comunità solidali e frugali. E ricordiamo che quando si fugge non ci limita a fuggire. Si cercano nuove armi, nuove forme di autodifesa e di attacco, si cercano radici da mangiare e semi da piantare, e forse un altro pianeta perché questo ci ha stufato.

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