Nata e cresciuta a La Spezia, Ketty La Rocca si trasferisce nel 1956 a Firenze, dove frequenta i corsi di musica elettronica di Pietro Grossi al Conservatorio Luigi Cherubini. Agli inizi degli anni Sessanta si dedica all’insegnamento nelle scuole elementari e, grazie all’amicizia con Lelio Missoni (in arte Camillo) e Eugenio Miccini, entra in contatto con l’ambiente della Poesia Visiva.
Tra il 1964 e il 1965 realizza collage in cui combina immagini fotografiche ed elementi verbali che svelano con sguardo ironico i limiti e gli stereotipi sociali e politici del linguaggio dei mass media, con una particolare attenzione alla condizione della donna. Queste prime opere sono in linea con le pratiche del Gruppo 70, alle cui attività l’artista partecipa anche con performance (Poesie e no alla Libreria Feltrinelli di Firenze nel 1966, Volantini sulla strada e La vita è un’altra cosa nel 1967 sempre a Firenze), scritti teorici e poetici. Il 1970 è l’anno delle prime mostre personali, a Modena e Bologna, dove espone le Lettere-Scultura in PVC nero. L’esigenza di una forma di comunicazione «altra» porta l’artista a rivolgersi alla gestualità del corpo e in primo luogo al linguaggio delle mani, oggetto del libro fotografico In principio erat, presentato nel 1971 a Firenze alla Galleria Flori. Nel libro sono pubblicate le foto di mani (dell’artista e di altri) riprese nell’atto di compiere vari gesti, associate a frasi prive di senso tradotte in un inglese volutamente imperfetto. Ancora le mani sono al centro del videotape Appendice per una Supplica, presentato nel 1972 alla Biennale di Venezia nella sezione «Performance e Videotape» curata da Gerry Schum: l’esperienza sancisce il riconoscimento internazionale dell’artista. La relazione tra testo e immagine è affrontata di nuovo nella serie Riduzioni: i profili delle figure di una fotografia, una cartolina o un’affiche pubblicitaria vengono ripercorse su carta dalla grafia dell’artista, che scrive parole nonsense alternate all’incalzante «you». Nelle Craniologie Ketty La Rocca interviene invece sulle radiografie del proprio cranio, sovrapponendovi fotografie stampate su lastre trasparenti di «gesti incapsulati» – una mano aperta, un dito, un pugno chiuso – e la ripetizione ossessiva della parola «you» che «divora» l’immagine.
Nel 1975 esegue l’azione Le mie parole, e tu? alla Facoltà di Architettura di Firenze, alla Galleria Nuovi Strumenti a Brescia e alla Galleria La Tartaruga a Roma; è l’ultima performance prima della morte, avvenuta a Firenze il 7 febbraio 1976.