«Operai e capitale» di Mario Tronti ha compiuto 5o anni. Pubblicato per la prima volta nel 1966 è stato un testo seminale per la tradizione eretica del marxismo italiano e internazionale. Lo >…
Lettera a Luca Baranelli
Pubblichiamo la scheda di lettura di Operai e capitale stilata per la casa editrice Einaudi da Norberto Bobbio nel dicembre 1964. Il testo si trova in Centolettori. I pareri di lettura dei consulenti Einaudi 1941-1991 (Einaudi, 2015). L’autorevole stroncatura, indirizzata a Luca Baranelli (redattore Einaudi dal 1962 al 1985), è seguita, dodici anni dopo (vedi nota), da un’altrettanto autorevole gaffe.
Caro Baranelli,
mi trovo in un certo imbarazzo nel dover dare un giudizio sul libro di Tronti, sia perché sono stato costretto a leggerlo molto in fretta e si tratta di un libro non facile, sia perché gran parte del libro è dedicata ad una critica del Capitale, che richiede una competenza di economista che io non ho. Aggiungo che appartiene ad un genere di letteratura verso la quale non ho alcuna simpatia e quindi ilmio giudizio è, lo confesso candidamente, prevenuto. Per spiegarmi in poche parole: il libro di Tronti èun ennesimo tentativo di indicare i metodi e le condizioni migliori per la conquista del potere da parte del proletariato, una ricetta, l’unica, la vera, finalmente svelata, ricetta per f are la rivoluzione. Ma non dice niente su quel che verrà dopo, cioè su che cosa dovrà f are o farà la classe operaia dopo aver rovesciato la situazione, e se l’umanità starà meglio o peggio. A me piacciono i libri che dicono molto chiaramente e onestamente i fini che una certa politica si propone e quali sono i mezzi più adeguati per raggiungerli; ma i libri di questo genere li scrivono per lo più i laburisti, in genere i socialdemocratici, cioè coloro per i quali il problema della conquista del potere non si pone neppure perché non esiste per essi che un metodo lecito per farlo. farlo, il metodo democratico.
A Tronti la democrazia non interessa: perciò il suo problema è quello di proporre una nuova strategia per la conquista del potere. Non dico che non sia importante per chi non crede nella democrazia; ma io insisto nel dire che è più importante il sapere che cosa avverrà dopo la conquista del potere. Non si riesce a capire1nfatti da tutto il libro quali soluzioni darà ai problemi della società e dello stato quella somma astrazione che è secondo il Tronti la classe operaia. Ora un libro che non risponde a queste domande è, in quanto libro politico, un libro mancato. Non posso ammettere che la politica possa essere ridotta a tattica o a strategia per la conquista del potere. Oltretutto è troppo comodo: i grandi problemi vengono dopo. Che cosa pensi Tronti su questi grandi problemi, nessuno è in grado di intravederlo.
L’altro punto che mi rende perplesso riguarda non tanto la sostanza quanto il metodo. A me pare che oggi l’unico metodo valido per tracciare un programma politico sia quello di studiare la storia, l’economia, la sociologia della società contemporanea, indagarne le linee di sviluppo, fare raffronti tra lo sviluppo politico ed economico di vari paesi, ecc. Tronti ha seguito il metodo opposto: ha fatto un commento al Capitale, cioè ad un libro scritto cent’anni fa. Questa è, mi pare, la quintessenza del dottrinarismo e, diciamo pure, del dogmatismo. Siccome quel che ha scritto Marx è per definizione la verità, il problema politico di oggi viene risolto non studiando i problemi di oggi, ma estraendo da Marx la verità sinora nascosta. Ritengo oltretutto che questo modo di procedere sia un pessimo servizio reso a Marx e al movimento della classe operaia, la quale non avrebbe da opporre alla scienza economica (borghese!) altro che un sacro testo.
Ho detto che ero prevenuto. Ho cercato di combattere in questi anni con tutte le mie forze contro la mentalità che può far nascere libri come quelli di Tronti. Si capisce che vedermi sotto gli occhi un esemplare cosi perfetto di questo genere di libri, in più accolto con favore da giovani che stimo, mi affligge . Significa un’altra battaglia perduta. Non potete chiedermi un consenso, che sarebbe un atto di incoerenza e di abbandono del campo. Naturalmente il mio giudizio non è un giudizio editoriale. Il libro di Tronti è a suo modo un libro coraggioso ed onesto. La battaglia per cui combatte è il bellum iustum di oggi, anche se la combatte a mio parere in modo sbagliato, per astrazioni e semplificazioni. Non mi oppongo. Vorrei però che fosse letto anche da un economista, perché la parte relativa alla discussione di problemi economici, se pur filtrati attraverso Marx, è prevalente. Il giudizio sulla serietà e sulla validità della parte economica dovrebbe essere decisivo.
Coi più cordiali saluti,
Norberto Bobbio
* Pubblicato nei «Saggi» nel 1966, Operai e capitale fu ristampato più volte fino al 1981. A Giulio Einaudi che gli aveva chiesto un giudizio su una nuova raccolta di saggi di Tronti, il 9 maggio 1976 Bobbio rispondeva: «esito a pronunciarmi perché ilparere che mi chiedesti anni or sono sul libro dello stesso Tronti, Classe operaia e capitale, è uno dei maggiori infortuni della mia vita. Ti diedi un parere scritto (conservato quindi nel vostro archivio), del tutto negativo. E invece è stato uno dei libri più letti dai giovani dopo il 1968, ed ora Asor Rosa fa terminare con Tronti la sua storia della cultura italiana. Posso dirti soltanto che il tema di cui si sta occupando Tronti, detto dell”autonomia del politico, a me pare un tema fritto e rifritto, su cui un marxista può dire qualche cosa di nuovo soltanto se si decide ad allargare il cerchio delle proprie letture oltre Marx e i marxisti. Da alcuni interventi su “Rinascita” e anche dal libro su Hegel politico (che a me è parso, a dire il vero, non particolarmente originale), ho l’impressione che Tronti si sia messo su una buona strada. Non voglio, capisci, ripetere la “gaffe” di qualche anno fa».
condividi