Anna Oberto nasce ad Ajaccio nel 1934; nel 1939 si trasferisce con la famiglia a Genova, dove studia ragioneria prima di trovare impiego presso una ditta di cosmetici. Nel 1956 sposa Martino Oberto, intellettuale, poeta e pittore con cui inizia un lungo sodalizio artistico e lavorativo: insieme conducono una ricerca filosofica, letteraria e artistica incentrata soprattutto sul linguaggio e sulla scrittura. Il marito la introduce al mondo del restauro, attività che la coppia svolge dal 1957 al 1986, lavorando per la Soprintendenza di Genova, il Museo di Capodimonte di Napoli, la Pinacoteca di Siena, la Galleria Nazionale di Urbino.
Nel 1958 Martino e Anna fondano con Gabriele Stocchi la rivista «Ana Eccetera», di cui Oberto cura anche l’aspetto organizzativo e redazionale, con l’intento di proporre un’ampia panoramica dell’allora emergente poesia verbo-visiva a livello internazionale attraverso testi critici e teorici e il coinvolgimento di poeti e artisti (tra gli altri, Vincenzo Accame, Orazio Bagnasco, Ugo Carrega, Luciano Caruso, Corrado D’Ottavi, Arrigo Lota Totino). La rivista è concepita come «un’operazione incompleta e in continua espansione» ed è composta da fascicoli, volantini e brochure stampati singolarmente. La coppia si occupa anche di cinema sperimentale con la produzione del film Cogito ergo Zoom (1967) – che propone una rappresentazione visiva della metafora cartesiana – e l’adesione alla Cooperativa Cinema Indipendente di Roma.
L’avvicinamento dell’artista al femminismo si manifesta in collages come Reflex, l’italiana ’69 (1969) e Situazione. Giornali dei giornali (1971), che affrontano la questione della condizione della donna nella società, nella politica, nella cultura. Sul decimo e ultimo numero di «Ana Eccetera» dell’ottobre 1971, Oberto pubblica il Manifesto Femminista Anaculturale, in cui ripropone l’immagine del collage Situazione accanto ai nomi dei più importanti collettivi femministi e a un testo programmatico scritto come presentazione alla mostra Esposizione internazionale operatrici visuali curata da Mirella Bentivoglio al Centro Tool di Milano.
Dopo la chiusura della rivista, Oberto prosegue il suo percorso artistico orientandosi ancora più specificamente su tematiche personali e femminili, focalizzandosi sulle interferenze reciproche tra immagine e parola e sulla capacità «poetica» della parola di costruire la realtà. Nel ciclo di opere Anautopia per la Città Ideale del 1973-1974, la serigrafia in monocromo blu della Città ideale di Urbino diventa emblema di un nuovo modo in cui la donna può costruire uno spazio ideale partendo dal «fuori luogo», affrancandosi dai vincoli convenzionali della parola e della razionalità.
Nel 1973 nasce il figlio Eanan e l’artista si trasferisce nella casa al mare a Varigotti, dove nel 1974 realizza la serie Diario v’ideo-sentimentale: in una successione di fogli, equivalenti alle pagine di un diario, gli scarabocchi di Eanan «dialogano» con le annotazioni grafiche e verbali della madre, con gli oggetti del gioco (un palloncino scoppiato, un sasso colorato) e con le polaroid che lo ritraggono mentre entra in relazione con il mondo esterno.
L’artista partecipa poi alle mostre di scrittura visuale curate da Renato Barilli a Bologna, Pavia e Roma e nel 1978 a Materializzazione del linguaggio curata da Mirella Bentivoglio per la XXXVIII Biennale di Venezia; nel 1975 pubblica Poesia al femminile. Antologia internazionale di operatrici visuali e nel 1979 redige la voce Poesia visiva per il VI volume del Lessico politico delle donne.
Negli anni Duemila, il Museo della Carale di Ivrea le ha dedicato due importanti mostre personali: Mitobiografia/Scritture di luce 1994-1999 (2011) e Oltre il limite della parola (2013).