Chi dice «io» mente

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Simone Aughterlony, Hahn Rowe, Biofiction (2021).

Biofiction – Simone Aughterlonye e Hahm Rowe. Salta il criterio della normalità. I corpi smettono di essere normali, sono liberi. Quello che prima era considerato osceno ora si chiama liberazione, si chiama funzione. Di un bisogno (la legna) di un desiderio (l’intreccio). La vita è questa sospensione stupita, incredula. Qualche suono, nessuna parola. Ogni detto potrebbe essere società costruita. Ogni non detto è sottrazione alla dittatura dell’esprimersi in un solo modo codificato. Spunta la coperta salvezza per tenere al caldo i migranti, quell’abbaglio dorato argentato, quel paradosso di luccicanza per avvolgere l’attualità della miseria.

Cosa ci salva? Il desiderio? Cos’è il desiderio? È forza della natura. Cos’è la natura? Qualcosa da inventare. Saltano le menzogne che circolano come assiomi. Dove niente è permesso (da quella autorità statale che è la morale) tutto è violenza fuorché la violenza di stato. In questo tempo è violenza l’ostensione dei corpi senza vergogna, il rifiuto delle identità (l’io è una bugia, si dice qui), è legge il respingimento dei disperati, legge la carcerazione degli ultimi, legge il profitto che accumula. Sembra tutto avanti stasera al mattatoio e invece è il presente che si attarda, colpevolmente, sostando nella prigione del senso comune mentre la poesia, incredula, sta a guardare la fatica della libertà. Come accettare pezzi di legno, inesausta attività di questa scena-arena.

La performance si è svolta nell’ambito del programma re-creatures, a cura di Ilaria Mancia.

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