Other Spaces
Questo focus , a cura di Viviana Vacca e Ludovica Fales, è nato nell’ambito delle riflessioni scaturite dal laboratorio di realtà virtuale di Other Spaces organizzato con Red Shoes Educational – che quest’anno avrà una seconda edizione dal 17 al 19 giugno a Prato in partenariato con il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Premio Solinas, Festival dei Popoli e in collaborazione con Toscana Film Festival –, che si costruisce secondo un’ottica di ricerca interdisciplinare.
Artisti visivi, performer, ricercatori nel campo dei media studies e delle nuove tecnologie, creativi, filosofi, sociologi intorno allo spazio in quanto vettore di connessione che rifiuta la schematizzazione e la separazione dei saperi, seguendo una linea di dialogo con i teorici della svolta postcoloniale e con discipline quali antropologia, storia, comparatistica letteraria. Se il mondo è compiuto, è in uno spazio saturo che coinvolge tutti i punti, anche i più distanti, che si gioca la partita della svolta spaziale.
La svolta spaziale, dunque, privilegia e riabilita la centralità di un approccio geografico in un mondo globalizzato in cui non esistono più distanze. Il mondo è compiuto, quindi, di fronte a noi ma ciò che accade in questo spazio saturo non può non coinvolgere qualsiasi punto, anche il più remoto del pianeta. Se pensiamo al concetto di spatialisation of the temporal di Jameson e di Harvey, abbiamo la nuova configurazione spaziale di un capitalismo globale a un tempo concentrato (poteri finanziari) e diffuso (filiere produttive transnazionali e processi di outsourcing, di esternalizzazione e terziarizzazione, favoriti dalle nuove tecnologie digitali.
D’altro canto, nell’ambito del discorso postmoderno, osserviamo uno spostamento fondamentale che porta Hohmi Bhabha alla fondazione di una prospettiva postcoloniale più complessa. L’integrazione di una prospettiva ‘etnografica’ diventa uno strumento fondamentale che porta l’autore alla comprensione del fatto che “la posizione del controllo narrativo non è né monoculare né monologica. Il soggetto è afferrabile solo nel passaggio tra raccontare/raccontato, tra qui e altrove”. La posizione del raccontare e del farsi raccontare del soggetto richiede un diverso regime discorsivo? E questo regime potrà mai essere narrativo o lineare? Qual è lo spazio di comunicazione richiesto da questo regime?
Ciò richiede uno spazio di comunicazione inter-relazionale, verso una nuova esplorazione della località in una prospettiva postcoloniale, che metta in discussione la “metafora progressiva della coesione sociale”. Se “forze di autorità sociale e sovversione o subalterne possono emergere in strategie di significati dislocate, anche decentrate”, riconosciamo con Fanon che la narrazione delle forme stabili all’interno del discorso della nazione è sostanzialmente falsa e riconoscendo invece che, all’interno dell'”instabilità occulta” della narrazione della nazione, si cela uno spazio costituente del discorso in quanto spazio di lotta e resistenza.
Una riflessione sulle spazialità altre, in gioco nelle relazioni linguistiche che le sperimentazioni VR, AR ed altre tecnologie emergenti mettono in campo, con le arti multimediali che attraversano lo spazio pubblico, con il teatro immersivo, con le pratiche di attraversamenti, scavalcamenti di confini e riconfigurazione delle geografie urbane, dove il concetto di centro e periferia viene costantemente decostruito- non può che configurarsi come una riflessione tra le relazioni che intercorrono tra immagini artistiche e politiche dello spazio.