Entità più elementari di una teoria

Le storie semplici di Attilio Cassinelli

A. Cassinelli, Lo zoo di carta, 1967_1_rid
Attilio Cassinelli, Lo zoo di carta (1967) - La Galleria Nazionale.

Tra i paesaggi paralleli costellati di fate e folletti, di insetti, di animali o oggetti inanimati, di visetti spiritosi e a volte di parole o allegre lettere alfabetiche (come non ricordare Die Scheuche realizzato da Kurt Schwitters in collaborazione con Käte Steinitz e Theo van Doesburg nel 1925) che animano la cosiddetta letteratura per l’infanzia, per molto tempo trascurata e resa invisibile da un baronato duro e tardo di comprendonio, quello cesellato da Attilio Cassinelli sin dalla seconda metà del secolo scorso, dal 1966 più precisamente, si presenta come un corpus poetico la cui cadenza interna, la cui eroica visione delle cose e la cui plasticità cromatica mostrano una carica di leggerezza e di semplicità e di autenticità che solo un autore come Attilio – questo il suo nome d’arte: Attilio, semplicemente Attilio – può offrire ai suoi lettori, che siano essi piccoli fiori dell’umanità o adulti da risvegliare e da riaccompagnare lungo l’arteria della fantasia, del gioco, del sogno ad occhi aperti dove è possibile far vibrare corde emotive assopite dal grigiore degli anni, dei mesi, dei giorni, delle ore.

Lunga come un sorriso che si rinnova e inverdisce di sala in sala sul volto del pubblico, la grande mostra che La Galleria Nazionale di Roma dedica a questo brillante artista (fino alla 22 marzo) – alcuni ancora lo circoscrivono nell’ambito dell’illustrazione, collocando l’illustrazione in uno spazio subordinato, di second’ordine rispetto alla pittura (non è forse l’opera di Giotto o di Masaccio o di Michelangelo pittore o di Sebastiano del Piombo o di Guido Reni illustrazione delle sacre scritture e delle vite dei santi e delle mitologie greco-latine?) – è un momento da non perdere e da non dimenticare: e non solo perché per la prima volta il nostro principale museo statale ospita l’opera di un artista che ha orientato la propria riflessione sul mondo dell’infanzia, ma anche perché è proprio il bambino a essere invitato (lui e la sua famiglia) e chiamato dai tanti personaggi che popolano l’esposizione e che la raccontano via via, modellando un percorso che è assieme storico, riflessivo, didattico, pedagogico, andragogico: e che permette di saltare il fosso della consuetudine per perdersi finalmente in qualcosa di unico, di prezioso, di coinvolgente, di emozionante.

Attilio Cassinelli, La collana nel bosco (1966 – 1968) – La Galleria Nazionale.

Curata da Marcella Cossu (con Nunzia Fatone), la mostra dedicata a Attilio è un fulmine di freschezza a ciel sereno che ha la capacità di accogliere e avvolgere, di trasportare lo spettatore in un continuo e imprevedibile scenario dove si susseguono scintille creative, frizzanti trovate didattiche, storie semplici (la semplicità nasconde in seno una illimitata complessità) e abili nell’evitare la soglia pericolosa del tempo e con lei quella dell’usura o della obsolescenza. Forse questa la ragione principale che ha portato a scegliere come titolo della mostra Evergreen. Storia di Attilio: e cioè di indirizzare immediatamente il lettore in uno scenario che non ha scadenza, che non teme avaria e che anzi mantiene intatta una freschezza, una briosità avvincente, proprio come il suo autore: e ha ragione Cristiana Collu quando individua, in una missiva intima ma preziosa, la traccia filosofica che permea il mondo magico di Attilio Cassinelli. «Le piccole cose che amo di te sono semplici come le entità più elementari di una teoria».

Caricature dal tocco infallibile, eleganti elementi grafici degli anni a cavallo tra i Cinquanta e Sessanta del secolo scorso che rilevano gli inizi pubblicitari di Attilio (una campagna dell’amaro Cynar o l’immagine favolosa delle sigarette nazionali), La Collana del bosco (1966-1968), lo Zoo di carta (1967), Le nostre piante di casa (1968), alcuni inediti (la storiella dell’uva matura, quella del bassotto, del passerotto e della pera o quella dei fiori), gli studi sul famoso Gatto Pericle, la collana I dodici mesi (1972-1973), il Canendario (1995-2000), la Primavera nel vivaio (1992, realizzata con Karen Gunthorp), Una dopo l’altra (1994), che meraviglia il pipistrellino e il coccodrillo, i personaggi delle Minifiabe (2017-2019) e le Minifiabe (Il pifferaio magico, Rosso non dorme, I musicanti di Breba o Pericle e il tesoro): e poi l’infinito racconto di Pinocchio, avviato nel 1981 (in occasione dei cent’anni dalla prima comparsa della storia di un burattino sul Giornale per i bambini) e portato avanti con C’era una volta un pezzo di legno del 1991 o con le recenti tavole del 2020.

Attilio Cassinelli, Canendario (1995) – La Galleria Nazionale.

Nel fortunale di immagini e di personaggi (dove riduzione e caratterizzazione della forma sono davvero due ingredienti squisiti) che offre questa mostra imperdibile e impeccabile, il più colto potrà pensare alla forza plastica di Fortunato Depero (individuato proprio da Marcella Cossu durante un’intervista con l’autore), alle ironiche e eroiche geometrie di Ivo Pannaggi o ai pastelli su cementite di Rolando Bravi (quei Gelati del 1932 sono indimenticabili) che sembrano rivivere nello «stile geometrico e essenziale» di Attilio, ma il bambino – ed è con l’occhio del bambino che la mostra va gustata – vi troverà sorprese, amichetti, alberi misteriosi su cui salire, boschi in cui perdersi e in cui sgranare gli occhi: sollecitazioni visive delle migliori che portano all’arte del raccontare giocando, dell’insegnare divertendo, dell’imparare giocando.

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