La logica neoliberale del there is no alternative e l’idea della «fine della Storia» hanno costituito, in questi decenni, una cappa ideologica de-politicizzante. Per uscire da questo blocco, è forse utile riflettere >…
Ricordare il futuro, anticipare il passato
Riconciliando Walter Benjamin ed Ernst Bloch
Again: muoversi nella direzione opposta, ritornare al punto di partenza
Again: tornare in un altro tempo o spazio. Again: ripetere
Make America great again. The South will rise again
Nel 2006, prima di annunciare la sua candidatura per la presidenza degli Stati Uniti, l’allora senatore Barack Obama diede alle stampe il best-seller L’audacia della speranza. Subito dopo, nel mezzo di primarie molto litigiose, comparve un iconografico poster elettorale – il suo profilo rappresentato in rosso attenuato, bianco e blu, la parola «speranza» messa in risalto da un carattere molto grande e posizionata alla base dell’immagine. Speranza. Un desiderio anticipatorio. Un’aspettativa. Un desiderio rivolto al «non-ancora».
Il tempo è una forza politica. Per Walter Benjamin, fissare politicamente lo sguardo sul futuro (come fatto, per esempio, dai «discorsi sul progresso» della Seconda Internazionale) significa non cogliere mai completamente la crisi del presente. Per Ernst Bloch, «il passato» è una forza che fomenta la reazione1, mentre «il futuro» ci mette a disposizione uno spazio anticipatore per sognare collettivamente il mondo che desideriamo. La mia relazione tenta di riconciliare l’orientamento di Bloch verso il futuro (l’utopia, il «non-ancora») con lo sguardo di Benjamin verso il passato (il rammemorare, redimere). Tramite il concetto di «memoria narrativa» di Janet, la nozione di «scenari affettivi» di Lawrence Grossberg e gli scritti di Scholem sull’idea messianica, intendo argomentare che i due orientamenti non vanno intesi come contrapposti – ovvero che ricordare il passato e anticipare il futuro sono entrambi atti ugualmente creativi e psichici che forniscono strumenti utili con cui criticare il presente. Infine, mostrerò come entrambi i teorici comprendono il tempo come un sentimento politico – una «sensazione dell’essere» che ci muove ad agire nel presente.
Sentire il tempo: panorami affettivi in Bloch e Benjamin
«All attachments are optimistic» – Lauren Berlant, Cruel Optimism
L’idea blochiana per cui «non tutti esistono nello stesso presente» si riverbera nel pensiero di Lauren Berlant, nel momento in cui quest’ultima afferma che quando si legge la storia tramite la lente dell’affetto se ne deduce che non tutti esistono nello stesso spazio sentimentale2. La relazione tra affetto e temporalità è forse intuitiva – entrambi riguardano l’esperienza sensoriale dell’essere nel mondo, entrambi ci indirizzano verso le possibilità politiche del temporaneo, transitorio, effimero. Se la temporalità è intesa come la relazione di ciascuno con il tempo, allora l’affetto descrive i sentimenti che tale relazione produce. Come osservano sia Bloch sia Benjamin, il dislivello dello sviluppo capitalistico origina una molteplicità di mondi, ognuno con il suo proprio ritmo temporale. Ma questo dislivello è anche affettivo, e genera legami emotivi diversi e scenari sentimentali differenti. Il mio obiettivo qui consiste nel mostrare come in Bloch e Benjamin emerga un’idea di temporalità come scenario affettivo.
Lawrence Grossberg, studioso nel campo degli Studi Culturali, definisce uno scenario affettivo come un modo complesso di essere nel mondo, uno spazio segnato da una fitta trama all’interno della quale sono possibili determinate esperienze, comportamenti, scelte ed emozioni, mentre altre sembrano impossibili o inimmaginabili3. La possibilità politica, egli afferma, emerge in questo spazio del sentimento – nei desideri, nelle ansie, paure e speranze del soggetto collettivo. Secondo Grossberg, lo scenario affettivo che si abita è necessariamente temporale. Quest’idea segue le intuizioni di Bloch e Benjamin, i quali hanno tentato di mettere in luce la relazione dinamica tra tempo, sentimento e azione politica.
Un breve intermezzo. Per apprezzare in pieno il contributo offerto da Benjamin e Bloch alla comprensione della dimensione affettiva del tempo e la sua relazione con la politica, occorre in prima battuta cogliere il milieu intellettuale e il contesto politico in cui i due teorici pensarono e scrissero. Al tempo dei loro interventi, il modo di pensare prevalente degli intellettuali comunisti seguiva i dettami della filosofia illuminista del XVIII secolo. Questa modalità di pensiero si trova riflessa nelle narrazioni sul progresso della Seconda e Terza Internazionale, i cui membri insistevano sul carattere unilineare della storia, sul verificarsi del progresso, e sul fatto che le contraddizioni del capitalismo avrebbero logicamente e inevitabilmente condotto alla dittatura del proletariato in tutto il mondo. È precisamente questo impianto teorico che viene criticato da Benjamin nella tesi XI delle Tesi sulla filosofia della storia, dove egli afferma: «nulla ha corrotto la classe operaia tedesca quanto l’opinione di stare nuotando con la corrente». Egli ribadisce questo concetto nella tesi XIII: «la teoria socialdemocratica, e in misura ancora maggiore la sua prassi, è modellata da una concezione del progresso che ha scarsa attinenza con la realtà». La critica di Benjamin al progressivismo verrà poi elaborata dai membri della Scuola di Francoforte, che identificarono la ragione strumentale e la razionalità scientifica come dottrina guida delle atrocità di massa del XX secolo.
Come hanno sottolineato i teorici dell’affetto, la razionalità scientifica, o la ragione, si pensano in contrapposizione al passato «primitivo», irrazionale e superstizioso. La mente (cognizione) ha una posizione privilegiata rispetto al corpo (sensazione/sentimento) e la politica è ridotta a una questione di processi cognitivi e calcolo razionale. Così come la superstizione, anche l’emozione è associata all’irrazionalità. Dunque, insieme ai fantasmi e ai goblins, anch’ella deve essere esorcizzata dal presente.
Fine dell’intermezzo. Lo «scenario affettivo» di cui parla Grossberg è prefigurato in Bloch nel testo La non-contemporaneità e il dovere di renderla dialettica. In questo pezzo seminale, Bloch analizza i dislivelli dello sviluppo tedesco e la sua relazione con la congiuntura politica. Sintetizzando le intuizioni blochiane, Alberto Toscano afferma4: «tanto da un punto di vista sociale quanto psichico, nel periodo tra le due guerre molti tedeschi (anzi, la maggior parte di loro) si trovavano a vivere forme sociali e fantasie psichiche incastrate in ritmi e storie differenti». Come Toscano sembra suggerire, per Bloch il tempo è, prima di tutto, un sentimento. Questo emerge chiaramente nella sua valutazione complessiva delle diverse istituzioni e collettività che costituivano la vita sociale tedesca. Nell’analisi della gioventù cittadina tedesca, egli osserva: «quasi sempre la gioventù rifiuta la vita che è o non è la sua, in ogni caso i suoi sogni non provengono solo dallo stomaco vuoto. Sono sostenuti in maniera altrettanto materiale da un vuoto esser giovani, che non appartiene al presente»5.
Qui la «condizione dell’essere» della gioventù tedesca nel periodo tra le due guerre è descritta come un tipo di scenario affettivo – una struttura del sentire o qualità della vita quotidiana che si presta a certe emozioni, sensibilità e motivazioni. Soprattutto, Bloch nota che questi sentimenti si fondono a una identificazione con, e desiderio per, un altro tempo – una brama di fuga da un «Oggi desolante». Oltre ai giovani, Bloch osserva i contadini tedeschi come espressione di un altro scenario affettivo, intimamente legato al ciclo delle stagioni. Questa relazione materiale con la terra, gli elementi, il raccolto, «contrasta l’urbanizzazione e li lega alla reazione». Per Bloch, questo legame non è automatico, ma indicativo dell’incapacità della sinistra politica di cogliere la condizione temporale-affettiva dei contadini. In un’altra descrizione ancora, Bloch ci indica la «classe media impoverita», una collettività urbana «nostalgica»6 dell’era pre-bellica. Secondo Bloch, questa brama sentimentale per un tempo andato viene catturato da Hitler, che fornisce una valvola di sfogo per le ansie e i desideri dei colletti bianchi non contemporanei. L’intuizione blochiana circa l’ingarbugliata relazione tra tempo e sentimento, tra tempo e movimento politico, e tra il razionale e l’irrazionale è cristallizzata nella sua astuta osservazione per la quale «attraverso il relativismo e l’abbattimento generale si aprono un varco bisogni e riserve provenienti dalla preistoria, coe un magma che buca una crosta sottile»7.
Le Tesi sulla filosofia della storia di Benjamin sono note principalmente per la sua critica alla filosofia del progresso. Tuttavia, quest’opera andrebbe anche compresa come un pezzo fondamentale del significato dei sentimenti politici. Da questa prospettiva, è possibile costruire un dialogo tra Bloch e Benjamin. Il ponte tra i due teorici si può comprendere meglio a partire da un breve excursus negli scritti di Wilhelm Reich. Il saggio Che cos’è la coscienza di classe (1934) venne composto in esilio dopo l’espulsione di Reich dal Partito Comunista e dall’Associazione Psicoanalitica Internazionale. Membro di lungo corso del movimento operaio rivoluzionario e allievo di Freud, Reich aveva affermato che i Comunisti non erano riusciti a comprendere la dimensione psicologica del movimento operaio, e che la comunità psicoanalitica aveva fallito nel compito della critica sociale e politica. Nella loro negligenza, egli affermò, entrambe furono intellettualmente incapaci di comprendere e combattere l’ascesa del fascismo in Europa. Provocando i suoi colleghi e compagni, stupefatti, Reich scrisse: «in Germania si trovavano, a un certo punto, circa 30 milioni di lavoratori anticapitalisti, un numero più che sufficiente per fare una rivoluzione sociale: eppure, proprio con l’aiuto di una solida mentalità anticapitalista il fascismo ha preso il potere». Questo fatto storico, suggerisce Reich, può essere compreso solo tramite una sintesi del pensiero marxiano e di quello psicoanalitico. Scrive Reich:
È fuori di dubbio che, psicologicamente parlando, la vita reale degli esseri umani si sviluppa su di un piano differente rispetto a quanto ritengono i promotori della rivoluzione sociale…Mentre noi presentavamo le masse tramite superbe analisi storiche e trattati economici sulle contraddizioni dell’imperialismo, Hitler agitava le radici più profonde del loro essere emozionale. Come avrebbe detto Marx, abbiamo lasciato agli idealisti la prassi del fattore soggettivo: abbiamo agito come materialisti meccanicisti ed economicisti8.
Le critiche di Reich sono simili a quelle di Benjamin, il quale si chiede nella XII delle sue Tesi: tramite quale forza affettiva-temporale9 la classe oppressa e in lotta cerca la sua liberazione? Scrive Benjamin:
I socialdemocratici preferiscono assegnare alla classe operaia il ruolo di redentore delle generazioni future, tagliando in questo la sua forza più grande. Questo indottrinamento ha fatto sì che la classe operaia si dimenticasse sia il suo odio, sia il suo spirito di sacrificio, poiché entrambi sono alimentati dall’immagine degli antenati schiavizzati, piuttosto che dall’ideale dei nipoti liberati.
Qui Benjamin afferma che i socialdemocratici tedeschi hanno erroneamente identificato «il futuro» come lo scenario affettivo da cui emerge l’azione rivoluzionaria, quando, in realtà, è «il passato» a costituire la chiave. Come sottolinea Michael Lowy nel suo Fire Alarm: Reading Walter Benjamin’s «On the Concept of History», secondo Benjamin un orientamento rivolto al futuro si accompagna necessariamente a sentimenti di passività e disincanto10. Per Benjamin, l’escatologia secolare della Seconda e Terza Internazionale ha precluso la possibilità politica di un Regno dei Cieli sulla Terra nel presente. Come risultato, la rivoluzione è stata spinta continuamente in avanti nel futuro e si è verificata una paralisi delle masse.
Le analisi sulla II Tesi hanno rivolto l’attenzione sul concetto benjaminiano di «debole potere messianico». Tuttavia, la II tesi andrebbe compresa anche come una meditazione sulla relazione tra passato e futuro, melancolia e felicità, e la forza affettiva-temporale di anticipare ciò che potrebbe essere stato. Come afferma Kia Lindroos in Now-Time Image-Space: Temporalization of Politics in Walter Benjamin’s Philosophy of History, in Benjamin non c’è una differenza cronologica comprensibile tra passato, presente e future. Piuttosto, ognuna di queste distanze funziona come segno qualitativo, come significazione di un desiderio presente. «Una felicità» – scrive Benjamin – che potrebbe suscitare la nostra invidia, è solo nell’aria che abbiamo respirato, con uomini con cui avremmo potuto parlare, con donne che avrebbero potuto darsi a noi». Qui Benjamin mostra il modo in cui elementi del passato e del presente sono combinati e proiettati verso l’immagine di una felicità futura.
Conclusione (o inizio):
«La rigida divisione tra futuro e passato collassa, il futuro impedito diventa visibile nel passato, il passato vendicato ed ereditato, mediato e realizzato nel futuro»
Ernst Bloch, Il principio speranza
A marzo di quest’anno, l’ex Segretario di Stato nonché candidata – sconfitta – alla carica di Preisdente Hillary Clinton ha tenuto un discorso davanti a una folla di persone a Mumbai. «Guardate la mappa degli Stati Uniti», ha detto, «nel mezzo c’è tutto quel rosso, i posti dove ha vinto Trump. Quello che la mappa non mostra è che io ho vinto in quei luoghi che producono due terzi del prodotto interno lordo americano. Io ho conquistato le zone ottimiste, dinamiche, variegate del paese, quelle che progrediscono»11. Progredire. Con questa citazione, torniamo all’attuale congiuntura storica, in cui è chiaro che le politiche del tempo e le dimensioni affettive che vi sono incorporate rimangono a un tempo una forza di mobilitazione e una forza paralizzante. In un contesto segnato dalla ripresa globale dell’estrema destra, dai fallimenti della sinistra politica, e dai tentativi di tenuta del centro, le intuizioni di Benjamin e Bloch acquisiscono una tempestività che non può essere ignorata.
Note
↩1 | Bloch comprendeva anche il potenziale radicale insito nell’evocare il passato. Su questo aspetto, la sua divergenza con Benjamin è messa in evidenza dal modo cauto con cui egli approccia l’evocazione della tradizione. |
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↩2 | L. Berlant, Thinking about Feeling Historical, 2008. |
↩3 | L. Grossberg, Under the Cover of Chaos, 2018, pp. 91-93. |
↩4 | A. Toscano, Notes on Late Fascism, 2017. |
↩5 | E. Bloch, Eredità di questo tempo, Mimesis 2015, p. 146. |
↩6 | Scrive Bloch: «Da qualche anno, come è stato notato, anche la specie cittadina impara a ritardare. Un ceto medio impoverito vuole tornare all’anteguerra, quando le cose andavano meglio per lui. È caduto in miseria, quindi è sensibile ai germi rivoluzionari, ma il suo lavoro avviene lontano dal fronte e i suoi ricordi lo rendono totalmente estraneo all’epoca. L’insicurezza, che si limita a generare nostalgia per il passato anziché impulso rivoluzionario, fa sorgere nel bel mezzo della grande città figure che non si vedevano più da secoli», ivi, p. 150. |
↩7 | Ivi, p. 157 |
↩8 | W. Reich, Che cos’è la coscienza di classe, 1934. |
↩9 | Utilizzo il termine affettiva-temporale per descrivere le emozioni prodotte tramite l’evocazione del tempo (passato, presente, futuro). Nella tesi VII Benjamin sembra prefigurare un tale concetto nel momento in cui riconosce che i sentimenti di odio e rivalsa non sono accessibili per via di una politica che evoca il futuro. |
↩10 | M. Lowy, Fire Alarm: Reading Walter Benjamin’s «On the Concept of History, 2016, p. 102. |
↩11 | http://fortune.com/2018/03/13/hillary-clinton-criticized-after-saying-trump-voters-supported-a-backwards-agenda/ |
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