Una collana di perle, ovvero una serie di letture estive dai libri della nostra collana pubblicata da DeriveApprodi: filosofia, estetica, politica, passioni. Sguardi non addomesticati per decolonizzare l’inconscio, percezioni critiche a partire >…
Sperimentazione komune
Kommunisten di Jean-Marie Straub
È il tempo degli uomini plebei e degli oppressi senza nome, in potenza e, di fatto, in atto, liberi da se stessi. Vi si accordano, tanto più singolari in quanto indeterminati
Walter Benjamin, nella sua tesi universitaria, aveva definito il tempo tragico come «il tempo individualmente pieno», in cui i grandi individui muoiono ironicamente per la loro propria immortalità, «perché nessuno è capace di vivere in questo tempo pieno». L’opponeva al «tempo storico», che «non è pieno a ogni istante» e al tempo messianico «che è pieno solo divinamente». Ma l’opponeva anche al tempo della ripetizione del Trauerspiel, un tempo drammatico, al di là del lutto, débordante nel gioco della musica dove nessuna forma può chiudersi su se stessa. Ne trarrà la sua ultima concezione di «un tempo saturato di adesso», in atto, di una saturazione sempre sul punto di compiersi, nel quale non cessano di inficcarsi delle schegge immanenti del tempo messianico. Un tempo non più riempito dalla tragedia dell’eroe che pretende determinarlo. È il tempo degli uomini plebei e degli oppressi senza nome, in potenza e, di fatto, in atto, liberi da se stessi. Vi si accordano, tanto più singolari in quanto indeterminati.
Si chiarisce la ripetizione della drammaturgia musicale di Kommunisten. La triade del tempo di Hölderlin è operante sin dall’inizio, in ognuno dei sei blocchi, ma l’esito del ripetuto sottrae la componente tragica empedoclea ancora attiva nella condizione della ripetizione del passato e nell’agente, la cesura del presente-ripetitore. La condizione della repetizione della storia – Germania 1933, comunità italiana del dopoguerra, lotta di classe egiziana 1919, ghetto di Varsavia 1943, Marzabotto 1944 – si cortocircuita nel presente ripetitore – la decisione partigiana di Kassner/Malraux, di Ventura/Vittorini, del doppio Fortini (1967-1976), la pazienza antica, non rinnegata, degli operai egiziani all’uscita della fabbrica e di Mahmoud Hussein. A sua volta la cesura tende a non agire più se non come «traghettatrice», traghettatrice senza credito. Non sussiste se non nel ripetuto: la data, il luogo, l’individuazione comune, continuando a insistere nelle date, luoghi, individuazioni della storia e del cinema, costituiscono al di là della storia (e del) cinema, gli eventi-ecceità che non sono già qui senza che se ne sperimenti il non ancora della loro deterritorializzazione. «Così tutte le oppressioni si riuniscono in un solo evento – (molteplicità) – che le denuncia tutte denunciandone una, la più vicina o l’ultimo stato della questione».
Il sogno di una cosa non è un sogno ma l’eterotopia della questione sulla decisione difficile. Decisione politica, estetica ed etica: non rinunciare, per esempio, al legame tra il pathos melodico e popolare dell’inno di Eisler, ispirato dalla Bagatelle beethoviana e le armoniche sconosciute del Quartetto. Decisione anche esistenziale: filmare non come una fine in sé ma per pensare, vivere, lottare scegliendo la determinazione di una grazia che non è quella dell’Uomo dominante. Il «Neue Welt» si ripete nella «benedizione… fino all’apparizione dell’aurora», da una donna a un’altra. Come le tre donne impercettibili all’uscita della fabbrica. (Anche l’ecceità-Ventura sarà annichilita alla fine di Umiliati, quando gli ex partigiani metropolitani convertitit alla real-politik del «progresso» verranno a farsi beffe della comune arretrata, ma non Siracusa: nell’ultima inquadratura, seduta sullo scalino della porta di casa, chiude il pugno, verso terra).
È possibile, certo, considerare Kommunisten un film summa che riunisce le stazioni di vita e di lavoro della coppia Straub/Huillet: lo straniamento inaudito di tre lingue, il francese, l’italiano, il tedesco, e lo spaesamento dei loro territori (cartografia). Più di uno spettatore se ne è commosso leggendovi una sorta di testamento di J-M.S. Gli diremmo: ancora uno sforzo… A meno che non se ne ritenga il senso etimologico del termine ebraico (l’etimologia a volte può aiutare): berit si traduce «alleanza». Questa alleanza laica non è quella di una psicologia di coppia ma di una relazione/di fuori – gli Straub – che ha continuato e continua a tessere alleanze, anche la nuova, la più intima, per i più lontani; i cittadini-partigiani non possono poi essere così virtuali.
C’è una buona maniera di vedere Kommunisten: non consiste in riflessioni interpretative, ma concerne la moltiplicazione dell’uso. Bisogna che ce ne serviamo per liberarci del possesso del nostro sapere acquisito
C’è una buona maniera di vedere Kommunisten – e tutto il cinema-Straub costruito con un’attenzione tecnica intransigente, proprio perché non è solo tecnica. Essa non consiste in riflessioni interpretative, ma concerne la moltiplicazione dell’uso. Bisogna che ce ne serviamo per liberarci del possesso del nostro sapere acquisito. In queste note-variazioni ce n’è senza dubbio ancora, ma contro il loro eccesso di teoricismo (eguagliare il pensiero e la vita è arduo) e contro il presente con il quale non cessiamo di patteggiare, se non di buon grado mal grado, esse ne domandano altre. E che possano servire a sperimentare (tutti i controsensi sono buoni) il funzianamento di questo difficile desiderio singolare-comune. Delle ecceità, evento reale. La deterritorializzazione di ieri – il solo oblìo, il genocidio degli sfruttati e dei sommersi, da non dimenticare – diventa co-intensivo con domani – un nuovo metabolismo (concatenamento) uomini-natura-techne a fior della terra vs. la capitalizzazione tecnologica: fuori dai rapporti di potere tra le persone e dai «comunitarismi» etno-nazionalitari. Oggi altrimenti.
Se no, per quanto marxisti, libertari, ribelli, poeti e/o strateghi siamo, nessuna potenza rivoluzionaria durerà. Il combattimento fra sé rima sempre con l’artigianato dei combattimenti contro i diktat mondiali del «controllo». E Kommunisten, che non patteggia per niente e con nessuno, funziona, siatene certi. Ma allora, la messa in pratica, le pratiche di questa pedagogia visionaria…
da Jean-Marie Straub, Kommunisten, film Dvd + libro, collana OPERAVIsiVA
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