I rituali del nuovo abitare. Dopo la tragedia

La Cura ai tempi del Coronavirus #2

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Salvatore Iaconesi, Genera Dati il mio Corpo / I rituali del nuovo abitare – Dopo la tragedia (2020).

La necessità di riposizionare la malattia nella nostra società torna ad essere un fatto di primaria importanza come mai in questi giorni in cui il pianeta è colpito da un’epidemia di portata globale. Ce ne dà l’occasione di nuovo, dopo 7 anni, Salvatore Iaconesi. La performance de La Cura continua con una tragica e peculiare sincronia, nel momento in cui tutti quanti possiamo trarne più beneficio e coglierne l’opportunità, insieme:

In questa serie di articoli l’autore pone le basi per una nuova Cultura Ecosistemica che trova il luogo materiale e immateriale per sperimentare le forme di un «abitare iperconnesso» in HER she Loves Data: il centro di ricerca di nuova generazione dedicato alla cultura dei dati fondato da Iaconesi e dalla sua compagna, Oriana Persico. Leggi gli articoli precedenti.

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Non stiamo per tornare alla normalità. La dissincronia tra le forme di vita umane (con diverse durate, resistenze, resilienze, di tipo economico, psicologico, sociali, spaziali, politiche…) rende ancora più evidente che si romperanno diverse cose con diverse dinamiche e diverse scansioni temporali.

Diventa ancora più urgente ed importante reintrodurre nella nostra società un tema che pare dimenticato e rimosso: la tragedia. Per definizione: la tragedia si ha quando non c’è soluzione. Coesistono almeno due dinamiche:

quella del design e dell’ingegneria, volte a trovare soluzioni
quella della tragedia, che si attua ogni volta che la soluzione non c’è

Esistono tutte e due, e tutte e due sono necessarie: ci dobbiamo avere a che fare. Nel nostro tempo, la dimensione della tragedia diventa progressivamente un rimosso, sulla base della capacità (e della speranza) della scienza, della tecnologia, del design, dell’ingegneria di accedere alla tecnica per trovare soluzioni.

Ma la tragedia, nonostante quanto proviamo a rimuoverla, non va via: è irriducibile. La dimensione della tragedia, proprio per il suo carattere di irriducibilità, è anche la nostra porta d’accesso alla dimensione della complessità: la complessità È la tragedia: non si può ridurre, semplificare, risolvere. Non va via. La tragedia, oggi, nella crisi del COV19, del cambiamento climatico, delle migrazioni e della disparità di accesso alle opportunità, si manifesta sotto la forma della necessaria e scomoda compresenza fra individuo ed ecosistema.

Io la chiamo Cultura Ecosistemica, ed è quella cosa che avviene quando devo adottare simultaneamente due punti di vista:

quello individuale, fatto del mio corpo, del mio livello psicologico, di un mio centro
quello dell’ecosistema, che è diffuso, sistemico, ubiquo, sociale, complesso

Il che mi apre a mille tipi di scontri e paradossi: è una condizione inumana, in cui i due livelli possono addirittura trovarsi in guerra aperta tra loro, come nel caso di questi giorni in cui l’ecosistema detta necessità che sono in aperto contrasto con la mia individualità. È una condizione di tragedia e, in quanto tale, è la nostra opportunità.

Oggi, avere esperienza di fenomeni ecosistemici (complessi, globali, iperconnessi) passa principalmente attraverso la disponibilità di enormi quantità di dati e della computazione per raccoglierli, elaborarli, interpretarli e rappresentarli. La scienza, l’ingegneria e il design già fanno questo tipo di azione. Ma lo fanno dal primo punto di vista: quello della ricerca della soluzione. Il che è importantissimo. Ma, come abbiamo visto, non è sufficiente: la soluzione a volte non c’è.

Ci troviamo persi, ci manca un pezzo della nostra esistenza, e senza non possiamo vivere, abitare il nostro tempo. Come, quindi, possiamo trovare nuovi modi di abitare anche quest’altra dimensione, per avere la possibilità di esistere nel nostro tempo?

Un’ipotesi di partenza: con l’arte e la cultura, tramite tutti i modi in cui dati e computazione cessano di essere materia tecnica, e diventano materia esistenziale. Partiamo da un esempio (e nei prossimi articoli continueremo con altri, per estendere il discorso e, soprattutto, per capire cosa fare insieme).

Immaginiamo un nuovo rituale, in cui i dati e la computazione si uniscano al corpo, alla psicologia, alla relazione, all’esperienza del mondo. Per esempio, come nell’immagine di apertura, traendo ispirazione dalla situazione attuale, potrebbe trattarsi di un neo-rituale dedicato alla pandemia COV19 e al cambiamento climatico. La disponibilità di dati sul nostro corpo si unisce a quella dell’ecosistema in un gioco che è dell’intimità, della consapevolezza e dell’interconnessione globale, ma anche di cura del sé – perché mentre genero dati col mio corpo, mi verso i dati dell’ecosistema addosso, e quindi mi lavo, mi pulisco, mi curo trovando similitudini e differenze tra me e l’ecosistema, in cui ricongiungersi.

Rituali di questo genere possono essere il risultato della nostra evoluzione culturale dei prossimi anni, e il modo in cui verranno creati – grazie alla convergenza tra arte, design, tecnologia e scienza – ci darà la misura del senso che siamo stati capaci di generare come umanità. Per investigare i modi in cui, per esempio, l’arte può contribuire a questo tipo di creazione, propongo un esempio centrato su un recente prodotto della comunicazione: il serial TV Sinner.

Prodotti comunicativi come Sinner hanno un alto livello di interesse per la loro capacità di predisporre dinamiche esposte alla sensibilità. Tutto in Sinner è pensato per essere sensatile, ovvero per essere esposto e suscettibile alla sensibilità dei fruitori:

ogni elemento della comunicazione di prodotti come questo è un hook, un gancio che è reso significativamente esposto e suscettibile all’esperienza umana individuale (facendo link col corpo, la psicologia..) e sociale (attraverso la comunicazione, la moda, l’empatia, le relazioni…)
tutto in Sinner è progettato per essere sensatile

Nel prossimo articolo inizieremo ad esplorare le implicazioni di questa sensatilità: cosa succede quando tutti i dati e la computazione che ci permettono di avere esperienza dei fenomeni complessi dell’ecosistema, e quindi di immergerci nella Cultura Ecosistemica, sono presenti in maniera sensatile. La nostra ipotesi è che possa avviarsi una nuova esperienza dell’abitare il nostro tempo.

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