La grafica d’arte in compendio
Enzo Cucchi alla Mole Vanvitelliana di Ancona
Artista multiforme e poliedrico, magneticamente attratto dal contatto diretto con il materiale, visionario dal tratto sinuoso, trasportatore. Enzo Cucchi è protagonista di un imponente progetto avviato lo scorso ottobre che accende un riflettore sul rapporto a tratti complesso, obliquo, eppure continuo, dell’artista con la grafica d’arte. La mostra Enzo Cucchi. Cinquant’anni di grafica d’arte celebra un particolare tipo di produzione che accompagna la feconda evoluzione dell’artista dai primi esordi risalenti agli anni Settanta, avvenuti in quel clima di «ripresa dell’espressività del colore, della figurazione e del racconto»1, all’indomani delle fratture provocate dal puritanesimo concettuale (F. Menna). La grafica d’arte nell’operato dell’artista è un corso d’acqua sotterraneo fatto di acqueforti, acquetinte, calcografie, litografie, fotolitografie, incisioni a ceramolle, serigrafie, schizzi, disegni e straordinari libri d’artista, che emerge più volte in superficie e accompagna la parallela attività pittorica e scultorea, in particolare negli anni che seguono la Biennale di Venezia del 1980, a cui partecipa nella sezione Aperto 80, la grande rassegna Transavanguardia Italia / America e Avanguardia Transavanguardia 68-77, eventi di importanza epocale per la recente storia dell’arte italiana.
Agli anni Ottanta risalgono L’elefante di Giotto, Uomini e La Lupa di Roma, opere in cui diverse tecniche di incisione e di stesura del colore convivono potenziandosi e amplificandosi vicendevolmente e il cui enorme formato occupa ampie sezioni degli spazi espositivi. La mostra, ospite fino al 6 gennaio della Mole Vanvitelliana di Ancona, si compone poi di maestose calcografie appartenenti al periodo artistico maggiormente articolato degli anni Novanta, che culmina con la decorazione della Chiesa Santa Maria degli Angeli progettata da Mario Botta sul Monte Tamaro. A quattro mani, realizzata in collaborazione con Arnaldo Pomodoro, La Scala, La Dono, e Roma, sono maravigliose visioni che suscitano profondo stupore, senza ricorrere all’immaterialità dell’impulso elettronico o alla smaterializzazione dell’opera tramite la sua digitalizzazione. Scritte tracciate a mano e immaginifici riferimenti al loco natio realizzati con tecniche e strumenti propri della grafica d’arte raccontano del saccheggio felice del passato, dell’attraversamento «di campi di riferimenti molteplici», della riscoperta della «manualità direzionata dalla grazia del colore e di molte materie» e del ricorso a una tipologia di pensiero che «pensa direttamente attraverso le immagini […] e permette ai frammenti dell’opera di tenersi in una relazione mobile che non si serra mai e mai cerca riparo nell’idea di unità»2.
Opere che, insieme a quelle dense di «ripensamenti, ricerche, documenti e riflessioni» (A. Cucchi, N. O. Cavadini) realizzate a partire dagli albori del nuovo millennio, costituiscono il corpus della mostra, completata da altri due nuclei di lavori: la serie Documenti, ventuno piccole e preziose incisioni realizzate appositamente per la mostra con tecniche miste su carta Hahnemühle da trecento grammi e l’eccezionale raccolta di livres d’artiste, a cui Enzo Cucchi dedica una particolare cura e attenzione fin dai suoi primi passi nel mondo dell’arte. Sono prodotti ibridi a metà tra il libro e il catalogo, che aprono la via per una catabasi nell’archeologia dell’artista perché fungono da «sunto a memoria» (A. Cucchi, N. O. Cavadini), da testimonianza storica del messaggio culturale dell’esposizione cui si riferiscono.
Enzo Cucchi. Cinquant’anni di grafica d’arte, il cui allestimento è stato ragionato dall’artista insieme ai curatori Alessandro Cucchi e Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo e dello Spazio Officina di Chiasso, è esito positivo di una fruttuosa collaborazione tra due città che hanno scelto di puntare l’indice verso un luminoso territorio rimasto per lungo tempo inesplorato. La mostra, prodotta dal Comune di Ancona e dal museo m.a.x. di Chiasso, abilita così una lettura organica del percorso artistico di Enzo Cucchi, inarrestabile ricercatore e sperimentatore nomade, ricordando che nel suo pensiero, «se un’opera vuole definirsi come nuova, allora deve contenere tutto il vecchio già prodotto pensato, sofferto e digerito e, rifiutandolo, deve prodursi da quella cenere, che è solida però come fondamenta» (Cucchi).
Note
↩1 | F. Menna, senza titolo, in «Percorsi. Laboratorio Bimestrale», a. 2, n. 2, Magazzino Cooperativa, Salerno 1981, p. 13. (il testo fa parte della sezione dedicata agli Atti del I convegno di studi «Arte degli Anni ‘80» tenuto a Salerno il 29 giugno 1980 presso l’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo. Con interventi di M. Costa, R. Mele, F. Menna, M. Perniola, M. Russo, A. Trimarco, H. Zabala). |
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↩2 | A. Bonito Oliva, La Trans-avanguardia italiana, in «Flash Art», n. 92-93, ottobre-novembre 1979. |
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