Gesti, soffi, incantesimi
La voce di Demetrio Stratos in mostra
Le tracce affettive della voce, la sua grana, non sono solo il precipitato di una fonetica, o la traccia di un gioco linguistico […] sono la testimonianza concreta di una soggettività che fa proprio l’altro, nelle sue infinite differenze, precipitando verso di lui, e fissandone l’immagine nella sua carne più viva […]
C. Serra, La voce e lo spazio. Per un’estetica della voce, Il Saggiatore (2011)
Ma se ci si è mobilitati tutti per Stratos, per un artista che fra gli altri ha scelto la strada più difficile e spesso avara di applausi e soddisfazioni, dobbiamo certo augurarci che questo concerto sia di memoria per tutti e che insegni, è proprio il caso di dirlo, ad ascoltare le «voce» di chi sceglie di percorrere, nella propria carriera artistica, strade di rigore, impegno, ricerca.
Out-Off, dal comunicato per la Conferenza stampa per il concerto a sostegno di Demetrio Stratos, Milano 12 giugno 1979
Noi non crediamo nello stile è il titolo di un gesto complesso (e necessario), restituito come mostra articolata in due «movimenti» (nel 2023 e nel 2024) attorno e a partire dall’Archivio Demetrio Stratos, acquisito dal Comune di Ravenna e sito presso Palazzo Malagola dove risiede la Scuola di vocalità e centro studi internazionale sulla voce diretto da Ermanna Montanari (Teatro delle Albe) ed Enrico Pitozzi, che sono anche i curatori della mostra, coadiuvati da Marco Sciotto e Dario Taraborelli.
Performer vocale d’eccezione deceduto giovanissimo ad appena 34 anni, Stratos ha rivoluzionato la sperimentazione vocale del secondo Novecento attraversando il progressive-rock (con gli Area, dal 1972) e le sperimentazioni «d’avanguardia», connettendo luoghi, tempi e tradizioni lontane con un presente agitato (quello degli anni Settanta), in cui rivendicare la voce «come veicolo spaziale» che «attraversa tutto il corpo» – asserisce il vocalist nel documento audiovisivo «Lezione di Demetrio Stratos sulla voce», presentato in uno degli otto spazi che articolano l’attraversamento dell’archivio, particolarmente concentrato su un approfondimento dell’attività performativa e pedagogica del vocalist – in mostra molti gli appunti manoscritti, le annotazioni e i disegni, riferiti ad esercizi vocali, performance (dal 1976), letture sceniche.
Amorevolmente progredire, amorevolmente regredendo (nel 2023) è stato il «primo movimento» che ha tentato, attraverso la documentazione d’archivio, una narrazione di quella complessità che ha caratterizzato la vita di Demetrio Stratos – inversione dell’identità natale Efstratios Demetriou, Alessandria d’Egitto 1945-New York 1979. In quell’occasione il percorso costruito da Ermanna Montanari ed Enrico Pitozzi si è teso tra due estremi, lo studio attorno alla lallazione infantile e il rapporto con John Cage – due polarità tese da una forte dimensione affettiva, la prima con la figlia Anastassia, la seconda con il compositore americano (e le sue relazionalità riflesse: una delle composizioni di Cage messe in voce da Stratos è Sixty-two semiotics Re Merce Cunningham). Questa dimensione è decisamente evidente anche nel «secondo movimento», dal titolo inequivocabile di Fino ai limiti dell’impossibile – che ha aperto il percorso espositivo sabato 14 dicembre 2024 presso i locali di Palazzo Malagola a Ravenna e sarà visitabile fino al 2 febbraio e poi nuovamente durante le aperture straordinarie del 7-9 febbraio e 14-16 febbraio 2025.
In questo secondo allestimento la costellazione affettiva comincia a svilupparsi in una vera e propria genealogia, a partire dallo studio e dalla pratica delle tecniche vocali asiatiche arcaiche, passando per Antonin Artaud (in mostra gli appunti per la lettura scenica di Per farla finita col giudizio di Dio) e arrivando al presente (quello degli anni Settanta), creando collegamenti, occasioni, alleanze. Come quelle documentate nell’allestimento: con Nanni Balestrini per la performance sul «testo in cento parole» Milleluna, generatrice di fonopetica, con Gabriele Salvadores per il Satyiricon (Teatro dell’Elfo 1979) e prima ancora col Gruppo ZAJ di Walter Marchetti, Esther Ferrer e Juan Hidalgo, che, assieme a Gianni-Emilio Simonetti, introducono Stratos nel 1974 alla proceduralità Fluxus. E sono prezione le documentazioni fotografiche esposte sulla performance presentata dal Gruppo ZAJ presso la galleria Multiphla l’8 aprile 1975, gruppo importante e purtroppo spesso, fin troppo, dimenticato. Ecco allora che «i limiti dell’impossibile» si delineano in un ricco immaginario memoriale che configura la percezione del tempo come un movimento, intervenendo «in relazione a quanto accade – una sorpresa, che riesce a trasformar[si] in occasione»1, quella messa in campo da Montanari e Pitozzi curando questo gesto in due movimenti che siamo sicuri non smetterà di generarne altri.
Se nel primo movimento la «regressione» cui allude il titolo è sinonimo di articolazione vocale («retrocedere fino a situarsi alla sorgente del linguaggio»2), in Fino ai limiti dell’impossibile i temi generativi dell’esposizione sono il respiro e la ripetizione – nella «piena consapevolezza che la voce non inizia ma affiora, s’inscrive in un movimento che è già da sempre è presente e si dispiega silente, in attesa che un soffio la esprima, la prema fuori, la lasci affiorare in tutto il suo incanto»3, scrivono i curatori nel catalogo edito dalle Sigaretten Edizioni Grafiche da sempre alleate della scuola di vocalità di Malagola.
Respiro e ripetizione sono anche due indicazioni di metodo: non l’attesa di lunghi recuperi e riordini ma la ripetizione (le due mostre) e la rapidità del soffio che allo scavo intensivo preferisce il disvelare e l’attenzione – quasi un sinonimo di ascolto. Quello nella sala degli ascolti immersivi propone tracce dall’album Metrodora del 1976 (Mirologhi 1 e 2) e la documentazione audio realizzata da Gianni Citti della performance Viaggio geografico-musicale (Grecia, Iran, India, Mongolia, Cina), agita presso il Teatro S. Leonardo di Bologna il 4 febbraio 1979. In audiovisione sono proiettati la lezione prima citata e il documentario La voce Stratos (2009, di Luciano D’Onfrio e Monica Affatato), mentre un piccolo schermo trasmette frammenti video (da Vedo, sento, parlo. Rubrica di vita musicale, RAI 3 1977, Cantare la voce. Demetrio Stratos dieci anni dopo di Massimo Villa, 1989 e Stratosphere. A tribute to Demetrio Stratos 1979-1989 di Paolo Spedicato, 1989).
Ascoltare la voce Stratos vuol dire sintonizzarsi con atti che insistono nello sfibrare la vocalità ai limiti del possibile. Indaga le diplofonie facendo incontrare culture e saperi eterogenei, producendo armonici naturali che si sommano alla nota fondamentale emessa, creando una multifonicità sonica, perché Stratos non è interessato a cogliere gli accordi temperati ma a «rovistare nelle pieghe del linguaggio» (dice sempre durante la lezione) e del materiale vocale, esposto e assieme accudito, come tutti i materiali raccolti negli anni da Daniela Ronconi Demetriou, moglie Stratos, e oggi accessibili grazie a tutte e tutti quelli che hanno lavorato alla composizione di Noi non crediamo nello stile.
Fino ai limiti dell’impossibile / La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979
Ravenna / Palazzo Malagola /14-22 dicembre 2024 e 7-2 febbraio 2025
Aperture straordinarie 7-9 febbraio e 14-16 febbraio
A cura di Ermanna Montanari e Enrico Pitozzi
Curatori associati Marco Sciotto e Dario Taraborelli
Sound design Marco Olivieri / light design Luca Pagliano
Direzione tecnica allestimento Alessandro Bonoli
Realizzazione allestimento squadra tecnica delle Albe/Ravenna Teatro
Note
↩1 | M. de Certeau, L’invenzione del quotidiano (1990), Edizioni Lavoro 2010 nuova edizione, p. 136. |
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↩2 | E. Montanari, E. Pitozzi, Matematica degli affetti, in Noi non crediamo nello stile. La ricerca vocale di Demetrio Stratos (1970-1979), a cura di E. Montanari, E. Pitozzi, Sigaretten Edizioni Grafiche, Bologna 2024, p. 15. |
↩3 | Ivi, p. 23 e 25. |
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