Orti urbani e Global education
Ugo La Pietra e Giuseppe Stampone al CIAC di Foligno
La doppia personale di Ugo La Pietra e Giuseppe Stampone, ospitata fino al 30 settembre negli spazi del Centro Italiano Arte Contemporanea CIAC di Foligno – inaugurato nel 2009 in un edificio industriale, sede in origine della Centrale del latte della città e poi dell’Ufficio Postale – rappresenta uno dei nodi centrali della programmazione primaverile ed estiva delle attività museali umbre, evidenziando la crescente attenzione della città e della regione verso le atmosfere artistiche contemporanee.
All’ingresso lo spettatore è accolto da Istruzioni per abitare la città. Opere e ricerche nell’ambiente urbano dal 1969 al 2017, retrospettiva dedicata alla galassia poetica di Ugo La Pietra, intento fin dagli anni Sessanta a elaborare un discorso serrato e ininterrotto sulla città e sui suoi abitanti, come nel caso dei Soggiorni Urbani, dove l’artista usa «lo spazio urbano come si usa il proprio soggiorno domestico». La riflessione sull’etimologia dell’abitare e il modus operandi di matrice analitica e concettuale rendono gli interventi dell’artista riflesso di una chiara posizione ideologica, legata a un atto consapevole di responsabilizzazione nei confronti della società.
Progetti come I gradi di libertà: recupero e reinvenzione, Il Sistema Disequilibrante, Orti Urbani, La tua città o Itinerari Urbani si rivelano così viatico felice per la riappropriazione della città «sia dal punto di vista fisico che mentale» e al contempo sono prove tangibili dell’impegno andragogico dell’artista, che, trasformandosi in un urbano jardinier planétaire, mira a risvegliare le coscienze atrofizzate degli spettatori, perché «scoprire che esiste uno scollamento tra noi e lo spazio in cui viviamo, vuol dire iniziare un processo di critica e di decodificazione per una successiva riappropriazione dell’ambiente».
Le oltre cento opere a parete sono poi accompagnate da alcuni brani video, film, oggetti tridimensionali, da un’installazione, Casa Aperta – arredata con oggetti provenienti dal contesto urbano secondo la pratica della riconversione progettuale – e da istruzioni che supportano lo spettatore nella lettura delle immagini e testimoniano l’intento didattico dell’artista, come pure il suo impegno a creare «strumenti per dare delle cognizioni, delle sollecitazioni al pubblico».
Proprio la tensione al riscatto sociale «attraverso il variegato mondo dell’arte» crea un virtuale rapporto di partecipazione tra Ugo La Pietra e Giuseppe Stampone, valicando il confine delle differenze formali e dello scollamento temporale. Ispirata ai versi che chiudono una poesia di Gianni Rodari e intitolata Perché il cielo è di tutti e la terra no?, la mostra presenta la più recente produzione di Giuseppe Stampone e offre la possibilità di entrare in contatto con i punti cardinali su cui poggia il suo universo antropocentrico.
La necessità di riappropriarsi del tempo rallentandolo attraverso la stratificazione del segno – realizzato rigorosamente a penna bic blu e rossa – come pure la volontà di creare cortocircuiti semantici tra significato e significante, sono visibili sia in tavole come Origine du monde, ispirata al Ratto d’Europa di Rembrandt e basata sulla necessità di rendere attuali i soggetti delle grandi opere del passato, sia nell’abbecedario dedicato ai dittatori del XX secolo, dove l’ironia apre la strada al rovesciamento di senso, innescando una critica radicale al mondo contemporaneo e ai suoi sistemi educativi.
La denuncia sociale è una dimensione costantemente presente nell’operato di Giuseppe Stampone, eppure non è mai fine a se stessa, anzi è affiancata dall’assidua costruzione di percorsi didattici alternativi nel corso dei quali l’artista – in dialogo diretto con i bambini delle scuole elementari – trae infiniti spunti per le proprie opere partecipative, che rientrano, insieme alla mappa in continuo aggiornamento Global Dictature, nel monumentale e complesso progetto di Global Education.
Il doppio allestimento, concepito dai curatori Italo Tomassoni, Giacinto Di Pietrantonio e Giancarlo Partenzi come un organismo unitario dove l’artista attiva una dichiarata azione esplorativa legata alle possibilità concrete dell’arte come impresa pedagogica e andragogica, svela così un complesso sistema di rimandi accomunati dal recupero dei principi più profondi dell’umanesimo. I due percorsi espositivi, autonomi e indipendenti, rifiutando il «tecnologismo pervasivo» destinato a «inglobare l’uomo», riescono così a instaurare un rapporto immediato con lo spettatore, che si rivela protagonista, partecipante attivo e, in ultimo, destinatario di tutte le operazioni messe in campo.
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