Apocalypse Now
La rivoluzione a portata di mano
Gli asini che volano. Le balene Moby Dick da arpionare. Trump alla Casa Bianca. Siamo entrati nell’era dell’impossibile. Nei giorni in cui tutto può accadere. Anche che un razzista giudicato fanatico persino dai repubblicani americani, dai conservatori del principio «se sei povero, per favore, in nome della libertà muori in silenzio», diventi presidente degli Stati Uniti. Ci aspettano scenari surreali. Colloqui internazionali a metà tra il thriller e lo show di Benny Hill? Ci aspettano negazionismi in materia di abolizione della schiavitù? Studi sul prototipo wasp? Bombe nucleari scambiate per fuochi d’artificio? Probabilmente sì.
Nello sconcerto collettivo planetario per l’elezione di Donald Trump dobbiamo dirci che se tutto è possibile, anche i nostri sogni lo sono. La rivoluzione è a portata di mano
E che ne sarà delle vicende mediorientali, sulle quali si è già abbattuta la sventura della menzogna di Bush, il cafone texano, che ha scatenato tracolli iracheni e afghani con il seguito di orrori che conosciamo? Vicende sulle quali non è stato steso alcun balsamo democratico capace di creare una ricomposizione che accettasse una scrittura della storia tessuta non a partire dalla sempre onnipotente centralità statunitense ed occidentale. Vicende sulle quali il nobel Obama, nelle sue manifestazioni più lucide, si è limitato a tentennare. Che ne sarà ora? Trump è davvero su questo come la prima scena di Apocalypse Now.
Eppure, nello sconcerto collettivo planetario (che tra l’altro racconta solo lo scollamento tra percezione politica ed effettività politica, o, per dirlo in breve, declina nella sua forma più tragica la crisi della rappresentanza) dobbiamo dirci che se tutto è possibile, allora anche i nostri sogni lo sono. Che in questo mondo dobbiamo rilanciare la nostra immaginazione spingendola a pensare quello che ci vietiamo di pensare in nome di un nuovo realismo che è il peggior lascito del moderatismo. La rivoluzione è a portata di mano.
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