Egemonia sessuale

Sodomia, capitalismo e l'arte del governare

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Claire Fontaine, Beauty is a ready-made (2020). Courtesy l'artista e T293 Gallery.

Nella collana Culture radicali curata dal Gruppo Ippolita per l’editore Meltemi è appena uscito il saggio di Christopher Chitty «Egemonia sessuale. Sodomia, capitalismo e l’arte del governare». In questi scritti, che costituivano il lavoro di tesi dottorale di Chitty – scomparso nel 2015 – l’autore tenta di riscrivere la storia delle sessualità come una storia dei rapporti di proprietà. Dalla persecuzione della sodomia nella Firenze rinascimentale alle regolamentazioni delle comunità marinaresche olandesi del Seicento, dai pamphlet della Parigi rivoluzionaria ai contemporanei dibattiti negli Stati Uniti, Chitty mettendo in dialogo le teorie foucaultiane sulla sessualità con le analisi marxiste sulla classe passa in rassegna i modi in cui le classi dominanti hanno cercato di controllare e plasmare le abitudini e le sottoculture affettive dei gruppi subalterni, mostrando come la sessualità sia sempre stata e continui a essere un campo di conquista, negoziazione e scontro tra classi sociali. Il libro è tradotto da Biagio Mazzella, con la Premessa e la cura di Max Fox e una Postfazione di Federico Zappino. Qui proponiamo per i nostri lettori un estratto dal primo capitolo, ringraziando l’editore per la disponibilità.

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A partire dalla critica di Michel Foucault all’ipotesi repressiva, gli storici sono stati in gran parte agnostici verso la politica di liberazione sessuale. A una caricatura del modo in cui quel tipo di politica concepiva la dialettica tra libertà e controllo sessuale viene contrapposto il ritratto liberazionista, probabilmente esagerato, di una società sessualmente repressiva. La storia della sessualità che ne viene fuori procede quasi come un dramma in maschera, con risvolti comici o tragici a seconda della prospettiva. “Dottori, riformatori, cristiani, educatori”, scrive Françoise Barret-Ducrocq in L’amour sous Victoria, stavano annegando in una “insistente marea discorsiva” che rifluiva sotto l’apparentemente modesta superficie del “discorso, [della] gestualità e [del] costume”.. La loro era una cultura pregiudicata dall’ipocrisia, scrive Jeffrey Weeks, nella quale “la delicatezza verbale ed estetica marciava a braccetto con una lussureggiante pornografia”.“Un miscuglio di contraddizioni” emerge in alcuni dei primi ritratti dell’età vittoriana al di qua della guerra che ne determinò la fine: “Una visione di singolari personaggi”, leggiamo in Eminenti vittoriani di Lytton Strachey, “mossi da impulsi misteriosi, coinvolti in strane complicazioni, che alla fine si affrettano, o così sembra, come creature in uno spettacolo di marionette, a una catastrofe predestinata”

Anche il secolo americano ha assistito a uno spettacolo impressionante di questo “miscuglio di contraddizioni”. La politica organizzata di repressione della pornografia e delle sessualità devianti ha raggiunto il suo culmine durante la Grande Depressione e nei due decenni che hanno seguito la Seconda guerra mondiale; tuttavia, questo stesso periodo ha dato vita all’“avanguardia” di una specifica forma di “libertà omosessuale”, sostiene Andrew Sullivan in Virtually Normal, “al netto della sua tradizione di cristianesimo fondamentalista, del suo sistema capitalista e della sua influenza oppressiva sulla cultura mondiale”. “Questi gesti senza età […] la nostra società li ha investiti” scrive Foucault nel primo volume della Storia della sessualità, “di tutto un dispositivo discorsivo, di analisi e di conoscenza” “Noi vittoriani”, o così recita il vecchio adagio familiare. “Discorsivo”, precisamente. Chi oserebbe fare simili dichiarazioni oggi? La contiguità tra i “vittoriani” e “la nostra società” suonava come una presa in giro già a metà degli anni ’70. Di norme sessuali borghesi ne esistono ancora?

Da una prospettiva sociologica, il presente è segnato dalla “fine dell’espansione del matrimonio da famiglia europea”. Con delle significative variazioni nazionali, le relazioni intime nel tardo capitalismo mostrano ora un modello variegato di precarietà: coppie informali, matrimoni seriali, matrimoni rimandati e vita da single. La genitorialità è stata disgiunta dall’accoppiamento. Questo andamento, scrive Göran Therborn, è “sorprendentemente sincronizzato tra la parte occidentale del continente, nonché attraverso gli oceani: comprende infatti i nuovi mondi del Nord America e del Pacifico e almeno alcune parti dell’America latina come l’Argentina e il Venezuela”. In retrospettiva, niente delle norme della famiglia nucleare di classe media sembra essere mai stato storicamente “normale”; erano anzi norme piuttosto fuori dall’ordinario.

Al di fuori delle classi privilegiate, il capitalismo ha incoraggiato questi specifici costumi di unione e crescita della prole solo per un breve periodo che, cominciato dal caos sessuale scatenato in un primo momento dall’industrializzazione, ha raggiunto il suo culmine alla metà del XIXsecolo, per poi proseguire fino agli sconvolgimenti sociali degli anni ’60 e la dissoluzione dell’URSS – poco più di cent’anni. E anche questo secolo breve segnato dalle norme della famiglia nucleare medioborghese è stato tutt’altro che omogeneo. La guerra e la Depressione hanno eroso la sua egemonia sessuale nei primi decenni del XX secolo, evocando lo spettro di abitudini sessuali più libere e rendendo necessaria la repressione statale per frenare le culture sessuali indisciplinate della classe lavoratrice. Dato che queste guerre tendevano a livellare le gerarchie sociali, che fosse attraverso la distruzione creativa di capitale o la mobilitazione delle popolazioni per il conflitto bellico, una certa disinibizione e una sempre maggiore varietà di norme sessuali disponibili erano la regola, dando così vita a costumi sessuali più simili a quelli di oggi rispetto a quelli di uno spettacolo di marionette vittoriano di sante e puttane.

La conquista dei diritti degli omosessuali può sembrare un drastico dietrofront solo da una prospettiva che vede l’omofobia come una forza di esclusione sociale atemporale. Le forme di repressione contro cui i movimenti per i diritti gay e lesbici si battevano erano, al contrario, “di origine recente e di breve durata”, come scrive lo storico George Chauncey. La repressione omosessuale, in quanto tale, era in larga parte il prodotto di una burocrazia statale in espansione, del crescente potere della polizia e dell’attenzione novecentesca del capitale per il benessere e la salute della popolazione lavoratrice. Gli obiettivi del movimento per i diritti gay e lesbici erano posti all’interno dello Stato sviluppista, che incentivava le norme della famiglia nucleare con l’intento di frenare vari eccessi maschili, di forgiare una forza lavoro immensamente più produttiva e di favorire l’adattamento a nuovi tipi di lavoro intorno alla metà del XX secolo. In risposta alla repressione portata avanti dallo Stato si costituì una comunità immaginata queer transazionale. Nel dopoguerra gay e lesbiche si batterono contro la censura delle riviste di lifestyle, della pornografia, dei film e dei romanzi pulp. Strinsero alleanze politiche con imprese di quartiere e altri gruppi minoritari per opporsi alla brutalità poliziesca e alle irruzioni nei bar e in altri spazi pubblici. La repressione di Stato galvanizzò una coscienza politica senza precedenti nell’esistenza di queste istituzioni.

A partire dagli anni ’70, scrive Perry Anderson in The Origins of Postmodernity, la “democratizzazione dei comportamenti e la disinibizione dei costumi sono andate di pari passo”. Una de-differenziazione verticale dell’ordine sociale ha dipanato le norme di disciplinamento e contenimento a ogni livello della società. Considerato come gli Stati sviluppisti abbiano incoraggiato e promosso le norme della famiglia nucleare di classe media, così da facilitare l’adattamento della popolazione lavoratrice a processi lavorativi più impegnativi, non è così sorprendente che questa egemonia si disgreghi durante un periodo di occupazione flessibile, di salari reali in calo, di consumi alimentati dal debito e di successive bolle speculative. Le società ad alto reddito sono diventate moralmente apatiche nei confronti delle perversioni e delle differenze nei gusti sessuali, laddove l’intimità duratura e una famiglia stabile sono diventate un’anomalia nella vita di sempre più persone. In alcuni luoghi quest’attenuazione dell’attaccamento sessuale ha permesso di estendere i diritti del matrimonio e della famiglia a gay e lesbiche. Un tempo escluse come fuorilegge sessuali dalle sacre istituzioni della famiglia e della proprietà, le coppie dello stesso sesso ora sono neoliberali cittadini modello in molti paesi ad alto reddito.

Nonostante il quadro non sia così coerente, o così roseo, in ogni parte del mondo, l’ampliamento di possibilità sessuali alla fine del XX secolo è stato un fenomeno globale. Due grandi cali di fertilità – il primo, coincidente con l’industrializzazione e le rivoluzioni francese e americana, e un secondo, corrispondente all’ascesa dello Stato sviluppista nel dopoguerra e ai movimenti anticoloniali – registrano l’impatto globale dei movimenti emancipatori sul piano della libertà sessuale e delle scelte di vita. Queste trasformazioni epocali, a lungo oscurate dalla retorica delle guerre culturali, hanno profondamente alterato il campo della politica sessuale. Lo sviluppo economico è responsabile per buona parte di questa storia; tuttavia, anche la contingenza politica ha avuto un ruolo cruciale.

Un’analisi della politica dell’omosessualità, prima dell’ascesa delle norme della famiglia nucleare medioborghese, richiede delle prospettive alternative alla tesi della modernizzazione, secondo cui la libertà sessuale si svilupperebbe contestualmente alla produzione delle merci. Alcune sottoculture metropolitane e interclassiste di sesso e intimità tra uomini fiorirono nei centri storici della prima età moderna: a Firenze e Venezia nel XIV secolo, nella Repubblica delle Sette Province Unite e Londra nel XVII e XVIII secolo, a Parigi e in altre grandi città alla fine del XVIII e all’inizio del XIX secolo. Questa natura episodica, corrispondente a quelli che Karl Marx ha identificato come periodi di accumulazione originaria, ci suggerisce una nuova periodizzazione per la storia della sessualità. Questi periodi organizzano la struttura dei capitoli che seguono. Ogni capitolo considera questi momenti dalla prospettiva delle loro condizioni di possibilità economiche e geografiche, del modo in cui le accuse di sodomia e le sue regolamentazioni si sono inserite negli esperimenti politici repubblicani e di come gli artefatti culturali lasciati da queste formazioni sono specchio di una lotta tra le forze sociali residuali e quelle emergenti.

Questa indagine tenta di far luce sui primi momenti in cui le norme e le categorie sessuali conservatrici della classe media non avevano ancora raggiunto una posizione dominante nella transizione combinata e disomogenea al capitalismo. Queste norme hanno fatto parte del campo di lotta delle formazioni nazionali borghesi contro gli elementi dell’antico regime per il controllo dello Stato e della società civile. La visibilità sociale delle culture della sodomia ha reso il sesso tra uomini un oggetto di scandalo e un bersaglio per la repressione statale, e una simile politicizzazione ha rivelato le stesse linee di faglia sociali che hanno animato le sommosse politiche di ogni periodo. Alleanze politiche urbane e interclassiste hanno cercato di riattivare le forme politiche repubblicane dell’antichità, così come le culture urbane interclassiste della sodomia si sono concepite come riattivazioni di classiche forme di amore tra uomini.

A parte alcune considerazioni introduttive e conclusive, mi sono limitato a questi esempi della prima età moderna nei quali le tensioni tra mondi vitali residuali ed emergenti hanno iniziato a cristallizzarsi in qualcosa di simile alle categorie, norme e culture sessuali moderne. Questo “qualcosa di simile alle categorie, norme e culture sessuali moderne” è stato un argomento controverso nella teorizzazione e nella storia fin dalla svolta sociale degli anni ’60

Il resto di questa introduzione cerca di aprire un varco attraverso quello che è diventato un ginepraio di interpretazioni, proponendo un approccio metodologico, estetico e politico che chiamo “realismo queer”. Considerando le culture del sesso fra uomini alla luce della temporalità dei tentativi di fondare le prime repubbliche moderne, in un ciclo di rivoluzione, interregno e restaurazione, metto in evidenza il ruolo della contingenza nella storia delle culture della sodomia. Termino poi con una sinossi della storia che si dipanerà nei seguenti capitoli.

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