L’Archivio dei Rituali del Nuovo Abitare

La Cura ai tempi del Coronavirus #7

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Salvatore Iaconesi e Oriana Persico, Il mio ippocampo nel 2020 (2020).

Nell’articolo precedente siamo arrivati a definire l’infrastruttura della nuova istituzione di ricerca, composta da:

  • il sistema dell’identità variabile tramite cui tutti gli attori (umani, non umani, computazionali, ambientali, territoriali, legali, sconosciuti, temporanei, transitivi, i loro raggruppamenti e combinazioni) si possono esprimere e posizionare nell’azione performativa del ricercare, del conoscere e dell’imparare (come presupposto dell’adattarsi, dell’evolversi);
  • l’Archivio del Nuovo Abitare, in cui si ha memoria performativa dei Rituali del Nuovo Abitare (la loro Fisica, Chimica, Biologia ed Ecologia);
  • e il Near Future Design, ovvero la capacità, condivisa tra tutti gli attori, di partecipare al design di nuovi scenari di Nuovo Abitare, che vadano oltre il tecnicamente possibile, e raggiungano il preferibile, il desiderabile, l’immaginabile.

In questo articolo procederemo con l’analisi dell’Archivio. Per archivio si intende una raccolta organizzata e sistematica di informazioni di diversa natura. Gli archivi sono entità complesse, e hanno una lunga storia. Le loro definizioni moderne nascono nel XIX secolo, e ne descrivono un’origine amministrativa o correlata all’esercizio del potere: un archivio è tenuto da un’autorità o da un’amministrazione, e riguarda documenti di qualsiasi genere (testi, immagini, contratti, mappe…) che abbiano svolto una funzione ufficiale. Sono, in un certo senso, le tracce della vita dell’autorità o dell’amministrazione, espresse tramite i documenti che ha emesso o gestito e, poi, conservato.

Nel tempo, la caratterizzazione di cosa sia un archivio si è perfezionata. Un archivio è

  • una raccolta ordinata di documenti
  • che «portano in loro stessi fin dall’origine il vincolo della destinazione comune, sintetizzato nell’adempimento dalle funzioni dell’ente o individuo medesimo» (Giorgio Cencetti, nel suo articolo L’archivio come universitas rerum del 1937);
  • che sono custoditi ininterrottamente (elemento che conferisce attendibilità alla conservazione dell’archivio).

Inoltre, mentre si possono ipotizzare tre fasi generali della vita dell’archivio (Corrente, che contiene i documenti in corso di validità; di Sedimentazione, quando le pratiche sono chiuse; e Storico, ove si trova la scelta di conservare, presumibilmente per sempre, alcuni dei documenti, e non altri), in generale quando si menziona l’Archivio, si fa riferimento a quello Storico.

Nella nostra analisi queste definizioni e informazioni sono molto interessanti, perché ci permettono di impostare il lavoro. Partiamo dalla fine, dal nome dell’archivio, come se già esistesse: l’Archivio del Nuovo Abitare, o l’Archivio dei Rituali del Nuovo Abitare (ancora non abbiamo scelto, ma abbiamo forse una preferenza per il secondo ARNA).

Abbozziamone una prima definizione:

«L’ARNA è l’archivio della conoscenza sviluppata circa i Rituali del Nuovo Abitare tramite l’attività di ricerca performativa partecipativa del centro di ricerca HER: She Loves DataI Rituali del Nuovo Abitare sono quelle pratiche ricorrenti e codificate (fino a diventare vere e proprie ritualità) in cui i dati e la computazione nella quotidianità in modi che abbiano una partecipazione emotiva sufficientemente profonda, una componente estetica – caratteristica delle diverse culture e nei diversi tempi –, una propria evoluzione – per non perdere di significato –, che porti ad una funzione sociale – che permette di fondare o di rinsaldare i legami interni alla comunità –, e che si posizionino ai diversi possibili livelli della psicologia (inconsci, consapevoli, relazionali, sociali…)».

Risalendo a ritroso le varie caratteristiche degli archivi potremmo iniziare a chiederci:

  • quali documenti contiene;
  • qual è il vincolo di destinazione comune;
  • qual è l’ordine, ovvero come sono ordinati i documenti;
  • qual è l’organizzazione che lo custodisce ininterrottamente.

Ma, per poter rispondere ne sappiamo ancora troppo poco. Dobbiamo andare più a fondo. Inizieremo da un testo di Jacques Derrida, Mal d’Archive: Une Impression Freudienne, del 1995. Cos’è il mal d’archivio? La Archive Fever?

Derrida nel libro stabilisce un parallelo tra psicologia e archivio. Per esempio partendo dal concetto di ordine, che può corrispondere sia a un certo ordinamento – per poter trovare le cose –, sia un ordine come esercizio del potere. Chi comanda l’archivio? Chi decide cosa includere o escludere? L’archivio come sorgente di potere. Si stabilisce un importante parallelo con la mente: la nostra mente costituisce una memoria individuale, e l’archivio ne costituisce una collettiva. Ma non ci si deve comunque illudere che i due tipi di processi siano a compartimenti stagni.

Nelle due memorie non tutti gli elementi hanno lo stesso status: cosa viene conservato, escluso, indicizzato, spostato, dimenticato, nascosto, perso, malamente organizzato, represso, permesso? Ad ogni registrazione corrisponde una perdita, una assenza di ciò che non è stato registrato.

È la psicologia dentro e dell’archivio: ad ogni inclusione corrisponde una scelta, cui corrispondono tracce di altre scelte e loop di scelte che si inseguono. La psicoanalisi, secondo Derrida, rivoluziona la lettura dell’archivio, perché l’ordine lascia degli spazi aperti per altri ordini, per altre scelte che possono essere eseguite, e di cui possiamo trovare traccia nell’archivio.

Quindi, come corollario, la lettura dell’archivio può rivoluzionare la psicologia (una data-psicologia?). Freud si domanda: perché ricordiamo? Ricordiamo ciò che è utile, ciò che costituisce un avvertimento, ciò che ci porta alla morte, alla vita, al piacere. La mente, come l’archivio, non è una semplice espressione della verità: è un luogo pericoloso, avventuroso.

Nel libro, Derrida immagina un archivio di Freud: cosa ci entra dentro? La sua vita privata? La psicologia? Si può applicare la psicologia freudiana per capire cosa entra e cosa non nell’archivio? Chi lo dice? Freud? Un’istituzione? Un ministero? Carolyn Steedman afferma che è possibile trovare la sorgente, l’inizio, nell’archivio. L’archivio contiene sempre qualcosa nel mezzo, in corso.

La febbre, l’ansia, è proprio questa: quella delle miriadi che si sono espresse, che hanno lasciato il loro segno, interconnesso con altri, e per cui non c’è mai abbastanza spazio o tempo per guardarli tutti, e pure se ci fosse non ci sarebbe una sorgente identificabile, una cosa che possa essere considerata come origine.

Steedman ha imparato da Derrida: l’ordine dell’archivio – i testi archiviati e quello che non contengono – lascia degli spazi aperti che possiamo riempire con noi stessi, e che possiamo usare per esplorare noi stessi, nell’archivio e tramite l’archivio. Nello spazio nel-mezzo, in-between.

L’archivio non è oggettivo né soggettivo: è una sintesi dell’archivio, di chi archivia, di chi/cosa decide che qualcosa vada archiviato/escluso/spostato/dimenticato, e di chi legge l’archivio. L’archivio è sempre instabile, in gioco, in movimento.

A questo punto abbiamo più elementi da posizionare. Se il contenuto dell’ARNA è la conoscenza sui Rituali del Nuovo Abitare (la loro Fisica, Chimica, Biologia, Ecologia ed Ecologia Possibile, come abbiamo visto nell’articolo precedente) l’Archivio stesso costituisce la Psicologia del Nuovo Abitare, perché permette di:

  • osservare il Nuovo Abitare come strumento di esercizio del potere (chi decide l’ordine, chi decide cosa viene incluso/escluso/dimenticato/spostato/…);
  • osservare gli spazi aperti che sono lasciati dagli ordini, per capire come altri soggetti si esprimano e se ne approprino per la propria auto-rappresentazione;
  • osservare la sintesi, l’instabilità, il gioco, il movimento che ne risultano, per poter tentare di capire sia la vita-tramite-l’archivio, sia l’archivio-tramite-la-vita.

Quindi, ora, possiamo tentare di risolvere le domande che abbiamo lasciato in sospeso.

Che forma avrà l’archivio e quali documenti contiene

È molto presto per dirlo tecnicamente, e molto dipenderà anche dalle scelte della forma giuridica e dai dettagli di come decideremo di gestire la proprietà intellettuale nell’istituzione di ricerca. Però alcune cose le possiamo già fissare:

  • conterrà tutte pubblicazioni e le meta-pubblicazioni circa  il Nuovo Abitare, la sua Fisica, Chimica, Biologia, Ecologia, Ecologia Possibile (Near Future Design) e Psicologia;
  • dovrà essere un archivio dalle caratteristiche transmediali; non solo dovrà poter contenere testi, immagini, video, audio, software, dati, ma anche oggetti, luoghi, alberi, persone, e così via, assieme ai percorsi e alle relazioni che si stabiliscono tra tutti;
  • ogni elemento sarà collegato a una o più identità (o aggregati) di Ubiquitous Commons, per esempio ad indicare quali sono i protagonisti dei rituale (es: «abitanti di un quartiere»; o «i membri di una famiglia»; o «Mario Rossi»; o «chiunque»; e così via), quali sono le comunità che lo stanno studiando, manutenendo ed evolvendo, chi lo sta usando, e così via;
  • dovrà essere qualche forma di graph database, ovvero dovrà essere in grado di memorizzare non solo le cose, ma anche le relazioni tra le cose e i modi in cui queste relazioni si evolvono;
  • sul database dovrà essere manifesta una qualche forma di intelligenza (umana, non umana, o, più probabilmente, ibrida) che sia in  grado di evidenziare attivamente le forme ricorrenti all’interno dell’archivio;
  • potrà essere centralizzato, decentralizzato, confederato, o altre soluzioni tecniche, dipendentemente dalle scelte del futuro prossimo; quello che non dovrà accadere in nessuno dei casi è che l’archivio sia soggetto a una troppo rapida obsolescenza o volatilità, e, invece che l’archivio dovrà essere sostenibile ecologicamente; per gli evidenti motivi ecologici, sociali e politici.

Qual è il vincolo di destinazione comune

Il vincolo sarà quello di essere parte dei processi di ricerca sul Nuovo Abitare. Nel determinarlo, può essere utile ricordare che si tratta di un processo di ricerca che non vive nella separazione, ma nella società, coinvolgendo come partner attori umani, non umani, computazionali, ambientali, giuridici, usando l’arte e il design come per interconnettere le diverse sensibilità.

Questo pone delle questioni importanti per l’archivio, che per esempio deve essere non solo accessibile e usabile per tutti questi tipi di attori, ma deve avere anche le affordance capaci di suggerire a ciascuno di essi l’opportunità di interazione. L’archivio deve esporsi ai sensi di questi soggetti umani, computazionali (es: le API, Application Programming Interfaces), giuridici (es: contratti, smart contracts), animali/vegetali (es: forme di comunicazione trans-specie, anche supportate dalla tecnologia), ambientali (es: energia, impatti ambientali).

Qual è l’ordine, ovvero come sono ordinati i documenti

Anche l’ordine – sia nel senso di ordinamento per l’accesso e la ricerca, sia nel senso del comando, di chi esercita il potere – sarà una caratteristica che verrà dettagliata maggiormente in seguito. Comunque possiamo iniziare a stabilire dei punti iniziali:

  • Una prima caratteristica dell’ordinamento è che sarà capace di classificare in base ai layer del Nuovo Abitare toccati dai contenuti. Il contenuto X esplora il come del Nuovo Abitare? Le sue leggi fondamentali? Sarà classificato come Fisica. Invece riguarda il come mostri le caratteristiche della vita? Biologia. Il tutto con la libertà di essere classificato in più di una categoria, e con la possibilità di creare sottocategorie, come avevamo, per esempio, ipotizzato nell’ultimo articolo nel caso della Chimica Organica del Nuovo Abitare.
  • Dovrebbe consentire quattro I:
    • intimità, nel senso che alcune classificazioni e contenuti dovrebbero essere leggibili in maniera limitata, a discrezione di chi le/li produce;
    • indeterminatezza, nel senso che non tutto deve essere classificato o determinato;
    • incompletezza, insieme all’indeterminatezza è ciò che consente di avere a che fare con il paradosso, la tragedia (assenza di soluzione) e di abilitare l’agnizione (il cambio di stato), perché lascia degli spazi vuoti o a bassa risoluzione che consentono l’interpretazione;
    • interpretazione, l’archivio deve essere appropriabile, nel senso che gli attori devono poterlo usare per rappresentarsi, interpretandolo, performandolo.
  • Dovrebbe essere multiprospettiva, polifonico. Diverse prospettive dovrebbero essere accessibili e coesistere. Il conflitto dovrebbe essere parte dell’archivio.
  • L’ordine dovrebbe anche avere caratteristiche di emergenza, nel senso che dovrebbero trovarvi posto fenomeni emergenti, di mutazione nel tempo e nei contesti, e questi si dovrebbero poter osservare.
  • Direttamente collegato al precedente, l’ordine dell’archivio dovrebbe essere evolutivo, ovvero tale da adattarsi progressivamente alle situazioni. Tale adattamento dovrebbe poter essere osservabile dagli attori.

Qual è l’organizzazione che lo custodisce ininterrottamente

Questo è l’argomento del prossimo articolo, in cui esploreremo il modello organizzativo a cui siamo arrivati e le sue implicazioni.

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