Orti urbani e Global education

Ugo La Pietra e Giuseppe Stampone al CIAC di Foligno

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Ugo La Pietra, «Istruzioni per abitare la città» (2018), Foto di Emanuele Gurini - CIAC Foligno.

La doppia personale di Ugo La Pietra e Giuseppe Stampone, ospitata fino al 30 settembre negli spazi del Centro Italiano Arte Contemporanea CIAC di Foligno – inaugurato nel 2009 in un edificio industriale, sede in origine della Centrale del latte della città e poi dell’Ufficio Postale – rappresenta uno dei nodi centrali della programmazione primaverile ed estiva delle attività museali umbre, evidenziando la crescente attenzione della città e della regione verso le atmosfere artistiche contemporanee.

All’ingresso lo spettatore è accolto da Istruzioni per abitare la città. Opere e ricerche nell’ambiente urbano dal 1969 al 2017, retrospettiva dedicata alla galassia poetica di Ugo La Pietra, intento fin dagli anni Sessanta a elaborare un discorso serrato e ininterrotto sulla città e sui suoi abitanti, come nel caso dei Soggiorni Urbani, dove l’artista usa «lo spazio urbano come si usa il proprio soggiorno domestico». La riflessione sull’etimologia dell’abitare e il modus operandi di matrice analitica e concettuale rendono gli interventi dell’artista riflesso di una chiara posizione ideologica, legata a un atto consapevole di responsabilizzazione nei confronti della società.

Progetti come I gradi di libertà: recupero e reinvenzione, Il Sistema Disequilibrante, Orti Urbani, La tua città o Itinerari Urbani si rivelano così viatico felice per la riappropriazione della città «sia dal punto di vista fisico che mentale» e al contempo sono prove tangibili dell’impegno andragogico dell’artista, che, trasformandosi in un urbano jardinier planétaire, mira a risvegliare le coscienze atrofizzate degli spettatori, perché «scoprire che esiste uno scollamento tra noi e lo spazio in cui viviamo, vuol dire iniziare un processo di critica e di decodificazione per una successiva riappropriazione dell’ambiente».

Le oltre cento opere a parete sono poi accompagnate da alcuni brani video, film, oggetti tridimensionali, da un’installazione, Casa Aperta – arredata con oggetti provenienti dal contesto urbano secondo la pratica della riconversione progettuale – e da istruzioni che supportano lo spettatore nella lettura delle immagini e testimoniano l’intento didattico dell’artista, come pure il suo impegno a creare «strumenti per dare delle cognizioni, delle sollecitazioni al pubblico».

Giuseppe Stampone, «Perché il cielo è di tutti e la terra no?» (2018), Foto di Emanuele Gurini – Ciac di Foligno.

Proprio la tensione al riscatto sociale «attraverso il variegato mondo dell’arte» crea un virtuale rapporto di partecipazione tra Ugo La Pietra e Giuseppe Stampone, valicando il confine delle differenze formali e dello scollamento temporale. Ispirata ai versi che chiudono una poesia di Gianni Rodari e intitolata Perché il cielo è di tutti e la terra no?, la mostra presenta la più recente produzione di Giuseppe Stampone e offre la possibilità di entrare in contatto con i punti cardinali su cui poggia il suo universo antropocentrico.

La necessità di riappropriarsi del tempo rallentandolo attraverso la stratificazione del segno – realizzato rigorosamente a penna bic blu e rossa – come pure la volontà di creare cortocircuiti semantici tra significato e significante, sono visibili sia in tavole come Origine du monde, ispirata al Ratto d’Europa di Rembrandt e basata sulla necessità di rendere attuali i soggetti delle grandi opere del passato, sia nell’abbecedario dedicato ai dittatori del XX secolo, dove l’ironia apre la strada al rovesciamento di senso, innescando una critica radicale al mondo contemporaneo e ai suoi sistemi educativi.

La denuncia sociale è una dimensione costantemente presente nell’operato di Giuseppe Stampone, eppure non è mai fine a se stessa, anzi è affiancata dall’assidua costruzione di percorsi didattici alternativi nel corso dei quali l’artista – in dialogo diretto con i bambini delle scuole elementari – trae infiniti spunti per le proprie opere partecipative, che rientrano, insieme alla mappa in continuo aggiornamento Global Dictature, nel monumentale e complesso progetto di Global Education.

Il doppio allestimento, concepito dai curatori Italo Tomassoni, Giacinto Di Pietrantonio e Giancarlo Partenzi come un organismo unitario dove l’artista attiva una dichiarata azione esplorativa legata alle possibilità concrete dell’arte come impresa pedagogica e andragogica, svela così un complesso sistema di rimandi accomunati dal recupero dei principi più profondi dell’umanesimo. I due percorsi espositivi, autonomi e indipendenti, rifiutando il «tecnologismo pervasivo» destinato a «inglobare l’uomo», riescono così a instaurare un rapporto immediato con lo spettatore, che si rivela protagonista, partecipante attivo e, in ultimo, destinatario di tutte le operazioni messe in campo.

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