Rompere l’incanto del potere

Moltiplicare le mobilitazioni per aprire i porti

Claire Fontaine_ Stranieri ovunque (2012)
Claire Fontaine, Stranieri ovunque (2012).

Salvini vuole andare al voto per ottenere dagli italiani i «pieni poteri». In verità i pieni poteri ha cominciato a prenderseli già con il decreto sicurezza bis, in materia di immigrazione e ordine pubblico, facendo della criminalizzazione di chi aiuta vite umane (in spregio alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo) e del dissenso un affare di pertinenza del Ministro dell’Interno, oltre inutili intoppi dovuti a mediazioni e concertazioni di ogni sorta.

La rivendicazione dei «pieni poteri» si inserisce in un processo lungo, fondato sulla ricerca, da parte di Salvini, di un rapporto diretto con la gente, attraverso i social, le manifestazioni di piazza in lungo e in largo per l’Italia, oggi finanche le feste in spiaggia. La Lega è sullo sfondo, il corredato ideologico che la accompagnava ai tempi dell’indipendentismo padano un lontano ricordo. Salvini non è il portavoce di un partito, è – lui solo – il garante della difesa del «popolo italiano».

I cinque stelle, in questo quadro, gli hanno agevolato il lavoro: innanzitutto lo hanno traghettato al governo dal 17% da cui era partito, poi gli hanno lasciato la propaganda sulla pelle dei migranti, riservandosi il lavoro sporco sulle questioni legate al lavoro, al welfare, al reddito e alla lotta alla povertà, laddove stanno pagando le cambiali più importanti. Salvini il suo popolo ha avuto buon gioco nel poterlo costruire facendo leva sulla disperazione delle persone, coniando un lessico con cui ha veicolato la rabbia contro i migranti, facendosi portavoce di quello stesso odio da lui alimentato.

Non un rappresentante, allora, ma colui che nomina i problemi e dà un volto ai nemici. La rivendicazione dei «pieni poteri» calza a pennello: non si tratta più di dare delle risposte e realizzare un programma, ma di illuminare il futuro conducendo le persone verso la verità, decidendo senza più compromessi e mediazioni, dando forma al futuro del «popolo italiano». Prima si trattava di garantire la sovranità popolare, oggi quello slogan si fa più chiaro, presentandosi come l’assolutezza del potere. E se il sovranetto all’inizio ha dovuto cavalcare gli umori e gli appetiti immediati per farsi strada, adesso ha annusato il momento per spiccare il volo, sciogliendo le briglie col consenso stesso della gente.

È una storia che, in Italia e non solo, si è già vista, e dovrebbe essere ben nota a tutti. Il nazismo e il fascismo ci hanno ben mostrato come il potere, quando astuto e raffinato, non sia qualcosa di coercitivo ed esteriore, ma entri nella testa delle persone, costruendo una specifica visione del mondo. «Deutschland, erwache!» (Germania, sveglia!), era il motto di Hitler, che, come rilevò Adorno a suo tempo, significava l’esatto contrario. Il sogno, spesso, è più reale della realtà stessa.

Ma non si tratta, qua, di opporre all’arroganza di Salvini la giustezza di una narrazione che si autorappresenta come più nobile, più pulita, più vera. C’è, piuttosto, da opporre a quell’arroganza dell’uno la pluralità dei molti che abitano il mondo. Salvini ha compattato il suo popolo contro un nemico, e adesso è pronto a farsi nominare difensore di quel «sogno» – che è, in realtà, l’incubo di un Mediterraneo di sangue e di morte – mettendo al riparo i dormienti dal trauma del risveglio.

In questo momento è fondamentale stare in guardia. Il Mediterraneo è un luogo di contaminazione, in cui i sogni di persone e popoli diversi si incrociano e si alimentano. Non il sogno scaduto preso in prestito dal prestigiatore di turno, ma il sogno vivo di uomini e donne che immaginano futuri e vite diverse, pur dentro uno spazio comune.

Al silenzio dei dormienti opponiamo la tensione gioiosa di una moltitudine di persone che si dice oltre i confini, che sogna sì un altro futuro, ma lo fa fuori dall’inganno del potere, nelle contraddizioni del reale, col sangue e col sudore che sporcano i corpi quando si sfidano gli incubi peggiori. Non è allora il momento di girarsi dall’altra parte, anzi è urgente opporsi con maggior forza ai provvedimenti disumani di questo governo, cominciando dal moltiplicare le mobilitazioni per aprire i porti, perché si possa innanzitutto continuare a salvare vite, nonostante tutto.

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