Soul: L’etica del corpo e l’anima neoliberale

Soul-spiegazione

«Costui era morto in guerra e quando dopo dieci giorni si raccolsero i cadaveri già putrefatti, venne raccolto ancora incorrotto. Portato a casa, nel dodicesimo giorno, stava per essere sepolto. Già era deposto sulla pira quando risuscitò e, risuscitato, prese a raccontare quello che aveva veduto nell’al di là. Ed ecco il suo racconto»1. Così comincia il mito di Er nella Repubblica di Platone, e da qui riprende la storia di Joe Gardner.

Soul, l’ultimo film Pixar, è un saggio filosofico in forma di arte visiva che usa il martello contro i manuali di autostima e autoimprenditorialità neoliberali. Anche realizzando il proprio sogno, non è così scontato vivere nel mondo della musica facendo solo il musicista. Immaginatevi in questo periodo, in cui il musicista, semplicemente, non lo puoi fare. Non è un caso che Joe, potendo legittimamente aspirare ad essere un esecutore professionista in una grande band, debba comunque fare il maestro di musica. Già l’inizio del film ci dice dunque della mediazione con cui è necessario tarare l’immediatezza del sogno di una vita, in attesa che esso si realizzi, o forse, più semplicemente, nel suo pieno dispiegarsi mondano. È il titolo del film a fare da ponte tra l’incipit musicale dell’ambiente jazz newyorkese e ciò che sembra essere l’altro lato della medaglia: l’altro mondo2 che è qui ante-mondo. Se l’altro mondo designa l’alterità e quindi il trascendente (cioè che è al di là, ma che è causa di ciò che è al di qua), il punto di origine e la creazione, l’ante-mondo ribalta la prospettiva religiosa mettendo in scena la fabbrica della riproduzione sociale che agisce come moto perpetuo attraverso il proprio apparato simbolico, trasformando il film in un meta-racconto sulla stessa produzione cinematografica.

Come sottolinea magnificamente Ilaria Feole3, sono le stesse opere di formazione a trasmettere quasi sempre l’idea di una specialità dell’individuo che, partendo da una situazione di svantaggio, infine emerge in ogni caso grazie al proprio talento o alla propria particolarità, alla scintilla che finalmente è divenuta fiamma viva. Ebbene qui si dice che questa specialità non esiste, che le anime altro non sono che personalità forgiate sempre allo stesso modo, one-dimensional-man di marcusiana memoria senza coscienza critica, alle quali dopo una formazione permanente accompagnata da workshop e alternanza scuola-lavoro, è solamente concesso un ultimo tassello del codice sorgente dell’algoritmo perché sia possibile distinguerle l’una dall’altra. Una distinzione formale e non ontologica, quindi, anche se è chiaro che quel tassello mancante è ciò su cui gioca la possibilità di trovare la differenza nella ripetizione. Intendo qui la riproduzione sociale come la tratteggia Alisa Del Re: «Riproduzione sociale contrapposta a individuale, pubblica contrapposta a privata, comandata e sottoposta a regole piuttosto che libera nelle scelte, produttrice di solitudini e frustrazioni al posto di gioiose cooperazioni. Nelle società occidentali la riproduzione degli individui è sottoposta ad un’oscillazione costante tra il sociale e il privato, con il sociale che si presenta sotto forma di comando diretto, organizzato da leggi, dalla spesa pubblica, da costumi, da regole morali, che appiattiscono i desideri e un privato volgarmente idealizzato come spazio di libertà, ma che si svela essere nella gran parte dei casi abbandono, miseria, frustrazione, impotenza, solitudine»4. Sono proprio queste le contraddizioni in cui Joe si immerge fin dall’inizio del suo percorso.

L’ante-mondo riproduttivo è guidato da architetti-demiurgo chiamati Jerry che hanno come contraltare un contabile, Terry, il quale deve «far tornare i conti», cioè far quadrare il bilancio o, volendo prendere il lato fisico della questione, vigilare sul mantenimento corretto del primo principio della termodinamica o legge di conservazione dell’energia. Come sappiamo, le leggi dell’economia guerreggiano contro la legge di conservazione immaginando la crescita infinita, mentre in verità a tale crescita corrisponde la decrescita delle risorse ambientali in cui essa si cala. È per questo che l’ante-mondo svela la sua stessa fallacia, è la creazione convertita in immagine della produzione industriale o, se vogliamo, con Feuerbach, Dio a immagine e somiglianza dell’uomo, che, immerso nel rapporto costante con la potenza naturale, immagina la propria creazione attribuendo un significato mistico all’agire delle forze in campo in esso. Ma è anche l’iperuranio platonico (dove l’anima risiedeva prima della nascita contemplando le idee perfette e universali) svelato come catena di montaggio, in cui le idee universali non hanno affatto perfezione ma sono assemblaggio e marxiana sovrastruttura (per la precisione una scuola che deve guardare all’impresa e alla spendibilità sul mercato del lavoro), riproduzione sociale, fabbrica del sapere. In essa lavorano da tempo immemore i mentori, le anime defunte dei grandi personaggi della storia umana, che hanno il compito di educare le anime alla ricerca di ciò che manca loro per poter incarnare l’idea particolare e discendere alla vita terrena, come è nel platonico mito di Er: le anime scelgono il proprio demone che le accompagnerà come un destino ineluttabile e, dopo aver bevuto dal fiume Lete, non ricorderanno nulla di tutto ciò. «Parole della vergine Lachesi figlia di Ananke. Anime dall’effimera esistenza corporea, incomincia per voi un altro periodo di generazione mortale, preludio a nuova morte. Non sarà un demone a scegliere voi, ma sarete voi a scegliervi un demone […] la vita cui sarà poi irrevocabilmente legato. La virtù non ha padrone; secondo che la onori o la spregi, ciascuno ne avrà più o meno. La responsabilità è di chi sceglie, il dio non è responsabile»5.

Anche questi mentori, in cui si avverte l’eco del sistema formativo criticato da Bourdieu nel suo riprodurre le gerarchie e le disuguaglianze sociali, sono assolutamente impotenti rispetto alla decisione sovrana delle anime. Nella loro impresa filosofica non hanno fatto altro che costruire l’ante-mondo stesso, immaginando un senso mentre lo cercavano, attribuendo un significato mentre lo inseguivano, inventando uno scopo mentre lo desideravano. Essi altro non sono che la storia della filosofia occidentale, la quale ha per Nietzsche eternamente costruito il senso sull’abisso, erigendo quella fabbrica della produzione sociale che finisce col manifestarsi nel nichilismo di 22. Ella è l’anima che non è riuscita ad accendere la propria scintilla e si abbandona al cinismo, svelando a Joe, nel rapporto rovesciato maestro-allievo, quello che ancora perfettamente Ilaria Feole ritrova: scordiamoci di immaginare la scintilla come un senso che ci rende speciali, tipico prodotto del sogno americano, rivendichiamo invece il diritto ad essere una persona qualunque, o anche nessuno6. Altrimenti rischiamo di caratterizzare quella ricerca incessante del proprio demone come un interesse speciale di chi è portatore di un disturbo dello spettro autistico: qualcosa che cattura costantemente la nostra attenzione. Se però per le persone con autismo gli interessi speciali possono essere occasione di sollievo e rilassamento di fronte alle tensioni provocate dalla sovrastimolazione esterna, al contrario per i neurotipici pensati e pensantisi operai sociali, come la madre del musicista, la passione di Joe è vista come un’ossessione che provoca disagio.

Lo stesso Pete Docter, regista e sceneggiatore di Soul, esplicita il suo tentativo: «Ho fatto molta ricerca. Ho pensato all’essenzialismo che, in occidente, è un’idea che proviene da Platone e Aristotele: che tu sia nato con una tua personale essenza e che il tuo lavoro nella vita sia scoprire chi sei. E poi c’è il nichilismo e Nietzsche a dirci che non esiste una cosa del genere, è tutto insensato e assurdo. E poi ci sono Kierkegaard, Sartre e l’esistenzialismo con l’idea che tu debba decidere da solo quale sia il tuo senso. Nel nuovo film possiamo mettere queste cose nei personaggi»7. L’etica esistenzialista di Sartre chiude il discorso sulla riproduzione sociale: la libertà è assoluta e inderogabile ed è quindi responsabilità soggettiva la decisione sulla propria identità e sul proprio agire, che si articola anche nell’impegno sociale. Ma bisogna andare oltre. Io credo infatti che qui non ci sia solamente il pur sempre importante «diritto ad essere un generico ed appagato nessuno», ma anche il superamento del diritto stesso che, nel suo lato costituito, distribuisce patenti e documenti d’identità, divide, semplifica, designa, distingue, definisce e determina – e l’affermazione della vita in tutta la sua indeterminatezza che apre alle molteplici possibilità in divenire, un diritto in espansione.

È nel rapporto conflittuale, contraddittorio e clandestino (il protagonista non è autorizzato a trovarsi lì) tra Joe e 22, ognuno con i propri fini particolari, che, invece, una scintilla si produce, e permetterà all’anima oscura e persa nel nichilismo reattivo e divoratore di superarsi nel pensiero critico. È l’ante-mondo a rovesciarsi su sé stesso affermando che la scintilla non ha nulla a che fare con uno scopo, né con un senso. È sempre all’insegna di Nietzsche che i due co-protagonisti si evolvono nella loro nuova natura, nel solco di un’amicizia stellare:

Amicizia stellare. Eravamo amici e siamo diventati estranei. Ma è giusto così, e non vogliamo né dissimularcelo né tenercelo oscuro, come se dovessimo vergognarcene. Siamo due navi, ciascuna delle quali ha la sua meta e la sua traiettoria; potremmo certo incrociarci e celebrare una festa insieme, come abbiamo fatto, – e poi le due brave navi potrebbero starsene tranquillamente in uno stesso porto e sotto uno stesso sole, cosicché si potrebbe pensare che siano giunte alla meta e che avessero una meta comune. Ma poi l’onnipotente violenza dei nostri compiti ci separerebbe ancora, spingendoci in mari e sotto soli diversi, e forse non ci rivedremmo mai più: oppure ci rivedremmo, – ma senza riconoscerci, perché mari e soli diversi ci avrebbero cambiato! Il fatto che dobbiamo divenire estranei è la legge sopra di noi: ma proprio per questo dobbiamo divenire anche più degni di noi! Proprio per questo il pensiero della nostra amicizia di un tempo si fa più sacro! Esiste, probabilmente, una curva, una traiettoria stellare immensa e invisibile di cui le nostre strade e mete tanto diverse possono costituire piccoli tratti: eleviamoci a questo pensiero! Ma la nostra vita è troppo breve e la nostra vista troppo scarsa perché possiamo essere più che amici nel senso di quella sublime possibilità. Crediamo dunque nella nostra amicizia stellare anche se, sulla terra, dovessimo essere nemici8

22 trova la strada non nella fabbrica del sapere, né nelle (in)finite scelte riproduttive dell’universo simbolico-culturale dell’ante-mondo, ma nel rapporto con l’altro e nel rapporto con un corpo. 22 nel corpo di Joe, Joe nel corpo di un gatto. La carne vivente non è più la particolare determinazione in una forma di una sostanza-concetto, ma essa stessa l’origine simultanea di entrambe, rompendone il dualismo. Jerry e Terry altro non fanno che astrarre l’incontro e lo scontro dei corpi in un conto aleatorio, come mostra la scena in cui Terry viene beffato nel calcolo sull’abaco, senza che questo causi alcuna catastrofe, ma formalizzi piuttosto l’eccedenza di vita attraverso il concatenamento tra 22 e Joe. L’ante-mondo, certo, è anche luogo dell’esodo, in cui si può navigare come pirati dell’essere perdendosi nell’edonismo anarchico del proprio talento e, per un attimo, sovvertire la regola, come fa Spartivento. Ma, beninteso, egli ammonisce sul pericolo di un tale utilizzo dell’industria culturale come l’Odisseo della Dialettica dell’Illuminismo di Horkheimer e Adorno, che di fronte alle Sirene per suggellare il trionfo del logos deve tappare le orecchie ai propri operai, indegni di un tale spettacolo, e incatenarsi all’albero maestro rendendosi schiavo egli stesso. Tuttavia è nel bios, nella vita stessa, che sta la fantasia generatrice, e non è un caso che in Soul la vita inizi uscendo dalla fabbrica e gettandosi nell’abisso (la Terra, sta là sotto), e che finisca nella maniera più leggera possibile, cadendo in un tombino o abbracciando un cavallo.

Note

Note
1Platone, La Repubblica, Laterza 2013
2The Great Before – il grande prima è tradotto in italiano con ante-mondo, The Great Beyond – il grande oltre con l’altro-mondo: più coerentemente sarebbe il post-mondo, quello in cui tutte le anime si (con)fondono tra loro.
3https://www.spietati.it/soul/
4Alisa Del Re, Alcuni appunti sulla riproduzione sociale, in  EuroNomade, 21.01.2016
5Platone, La Repubblica, Laterza 2003
6SOUL – Spietati – Recensioni e Novità sui Film
7Tara Brady, Essentialism, nihilism and existentalism: Pixar makes a different sort of family film, in The Irish Times, 12.12.2020
8F. Nietzsche, La gaia scienza, Newton&Compton, 1993

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