Domani, 13 marzo, il pontificato di Papa Francesco compie 5 anni. Per l’occasione pubblichiamo un Focus con una serie di riflessioni critiche su questa Chiesa e il suo rapporto con la sinistra >…
Cambiare il mondo
Senza sognare nessun ordine naturale
Nel corso del III Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari il Papa non ha mai parlato di genere e nei suoi discorsi in quella occasione cita le donne solo poche volte, spesso nella formula «l’uomo e la donna» senza sottolinearne una dimensione specifica, se non una volta per ricordare la violenza che le donne subiscono.
Questo riferimento alla violenza sulle donne rimanda alla Carta di Santa Cruz, risultato dell’incontro precedente, che dichiara «Noi ci impegniamo a lottare contro qualsiasi forma di discriminazione tra esseri umani, sia per differenze etniche, colore della pelle, genere, origine, età, religione o orientamento sessuale. Tutte e tutti, donne e uomini dobbiamo avere gli stessi diritti. Condanniamo il maschilismo, qualsiasi forma di violenza contro la donna, in particolare il femminicidio e gridiamo: Non una di meno!»1. Una presa di posizione forte che non si ritrova né nei discorsi del Papa, né nei documenti conclusivi di questo terzo incontro.
Come trovare traccia, quindi, del pensiero attorno al genere del Papa e del Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, la congregazione che guida gli incontri? Sarebbe semplice e immediato rispondere guardando ai secoli di dottrina cattolica in cui la donna e chiunque si discostasse dalle norme di genere è stata esclusa, disprezzata o esaltata soltanto nella sottomissione. Ma qualcosa, guardando a questi incontri, stride se osserviamo il quadro dentro questa cornice di secolare misoginia. Agli incontri, infatti, partecipano movimenti e gruppi che lottano anche per i diritti delle donne, degli e delle omosessuali, delle persone trans* e che sembrano mettere in crisi l’idea che non ci sia dialogo possibile. Certo, si può rispondere come fa Juan Grabois, affermando che «quanto ai temi su cui il dogma cattolico, e in generale delle grandi religioni, presenta posizioni contrastanti con alcune organizzazioni o con alcuni militanti dei movimenti popolari, come l’aborto o i diritti degli omosessuali, tali «contraddizioni» non condizionano troppo i lavori degli Incontri, poiché essi sono incentrati su tematiche specifiche legate alla lotta per la Terra, la Casa e il Lavoro»2. Ma quanto la visione di Papa Francesco condizionerà i movimenti che escono da questi incontri?
Per comprendere questa visione è utile ricordare che in occasione del III Incontro è stato distribuito a tutti i partecipanti un estratto della Amoris Laetitia, la seconda esortazione apostolica di Francesco, pubblicata nel 2016, che riguarda la famiglia. È significativo che, ad un incontro in cui non si parla di genere, venga distribuito un testo che, pur con il linguaggio aperto e conciliante di Francesco, ribadisce con forza la concezione cristiana della famiglia come unione procreativa tra un uomo e una donna. Proprio tra le pagine di questo testo, quindi, proverò a ritracciare il cuore del messaggio papale sui generi e sulle sessualità.
In questa esortazione Papa Francesco non solo esalta l’amore tra il marito e la moglie, ma ne ribadisce costantemente l’importanza per lo sviluppo della società e, persino, per la possibilità di resistere alle insidie del capitalismo, dell’individualismo e dello sfruttamento. La famiglia si conferma il modello della comunità umana, la matrice sulla quale mutuare tutte le relazioni, anche quelle dell’attivismo e della pratica politica che diventerebbe, così, un proseguimento della cura sperimentata nella casa (parola su cui il Papa ritorna spesso, che si lega ai lavori degli incontri, e che viene rappresentata come il rifugio necessario per costruire la famiglia).
La famiglia di cui parla Amoris Laetitia è la famiglia che porta nel mondo l’immagine della creazione di Dio e che la riproduce nella procreazione e per questo non può che essere composta da un uomo e una donna, da quei «maschio e femmina» creati da Dio. E per questo molte pagine sono dedicate al calo delle nascite, che deriverebbe da moltissimi fattori diversi: ««Anche il calo demografico, dovuto ad una mentalità antinatalista e promosso dalle politiche mondiali di salute riproduttiva, non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire. Lo sviluppo delle biotecnologie ha avuto anch’esso un forte impatto sulla natalità». Possono aggiungersi altri fattori come «l’industrializzazione, la rivoluzione sessuale, il timore della sovrappopolazione, i problemi economici, […]. La società dei consumi può anche dissuadere le persone dall’avere figli anche solo per mantenere la loro libertà e il proprio stile di vita». È vero che la retta coscienza degli sposi, quando sono stati molto generosi nella trasmissione della vita, può orientarli alla decisione di limitare il numero dei figli per motivi sufficientemente seri, ma sempre «per amore di questa dignità della coscienza la Chiesa rigetta con tutte le sue forze gli interventi coercitivi dello Stato a favore di contraccezione, sterilizzazione o addirittura aborto»3.
Queste parole ricordano la condanna dell’aborto da parte del Papa (il perdono che Francesco permette di concedere a chi abortisce, infatti, non fa che confermare il peccato), ma mostrano anche come, nella dottrina della Chiesa, i mali che gli incontri dei movimenti popolari voglio combattere (dall’industrializzazione ai problemi economici) siano legati alla rivoluzione sessuale e come la libertà e l’autodeterminazione in campo riproduttivo si accompagnino alla società dei consumi. Questi avvicinamenti semantici rafforzano l’idea che vi sia un ordine «naturale», creato da Dio, che garantisce uno «sviluppo umano» armonioso e gratificante, in cui la libertà corrisponde all’adempiere al disegno divino.
Un ruolo chiave, nei discorsi di Francesco, giocano anche le tecnologie, responsabili, quando prive di legami con l’etica cristiana, di un ulteriore allontanamento dalla natura. Per questo nell’enciclica Laudato si’ afferma: «è preoccupante il fatto che alcuni movimenti ecologisti difendano l’integrità dell’ambiente, e con ragione reclamino dei limiti alla ricerca scientifica, mentre a volte non applicano questi medesimi principi alla vita umana. Spesso si giustifica che si oltrepassino tutti i limiti quando si fanno esperimenti con embrioni umani vivi.», quasi un monito rivolto agli stessi movimenti che ha incontrato a Roma. La tecnica ritorna anche come falso idolo, promotore di uno sviluppo disarmonico, nella Amoris Laetitia dove parlando della violenza sulle donne ricorda che «la storia ricalca le orme degli eccessi delle culture patriarcali, dove la donna era considerata di seconda classe, ma ricordiamo anche la pratica dell’«utero in affitto» o la «strumentalizzazione e mercificazione del corpo femminile nell’attuale cultura mediatica»4. È significativa, qui, la totale assenza di legame tra la cultura patriarcale e la dottrina cristiana, come se fossero due entità distinte, mentre la tecnologia (a partire dall’utero in affitto, ma nel testo si fa riferimento anche alla fecondazione assistita) sembra esserne promotrice.
Questa critica della tecnologia più che mettere in discussione le strutture di potere da cui è concepita e che riproduce, si limita a segnalare come la tecnica operi uno scarto rispetto ad un ordine e un disegno che non la prevede e che non ne accetta gli esiti. È una critica, quindi, che non prende in considerazione le condizioni materiali, ma soltanto l’idea stessa di tecnica, colpevole di offrire possibilità inattese. La tutela dell’ordine diventa così il primo obiettivo di un testo che vuole celebrare l’amore, che viene così inteso come progetto, da realizzare attraverso l’apertura al futuro e alla generazione.
È in questo quadro che ritorna con forza la condanna all’aborto e la contrapposizione esplicita tra il diritto del feto (chiamato bambino) e quello negato della donna sul proprio corpo: «è così grande il valore di una vita umana, ed è così inalienabile il diritto alla vita del bambino innocente che cresce nel seno di sua madre, che in nessun modo è possibile presentare come un diritto sul proprio corpo la possibilità di prendere decisioni nei confronti di tale vita»5. Questa dichiarazione è chiarissima nel negare l’autodeterminazione delle donne, in favore della vita intesa come entità incarnata nel feto, e ancora una volta ripropone l’idea di una libertà come adesione ad un destino. Per le donne, inoltre, questo destino non può che essere quello della maternità. Papa Francesco lo ribadisce sostenendo: «apprezzo il femminismo quando non pretende l’uniformità né la negazione della maternità. Perché la grandezza della donna implica tutti i diritti che derivano dalla sua inalienabile dignità umana, ma anche dal suo genio femminile, indispensabile per la società. Le sue capacità specificamente femminili – in particolare la maternità – le conferiscono anche dei doveri, perché il suo essere donna comporta anche una missione peculiare su questa terra, che la società deve proteggere e preservare per il bene di tutti»6. La maternità, quindi, è garanzia della differenza tra uomini e donne, che diventa differenza su cui edificare l’ordine del mondo e della famiglia, e che riconsegna le donne al ruolo oblativo di promuovere il bene di tutti.
La differenza così intesa dà forma alla divisione dei ruoli tra genitori, ma anche nella divisione del lavoro che viene ripresa direttamente dai Proverbi, dove l’uomo lavora per il sostentamento della famiglia e la donna lavora come madre ricavandone le lodi dello sposo. Papa Francesco apre alla possibilità di una modifica di questa divisione, ricordando che i padri possono prendersi cura dei figli senza diventare meno maschili, ma sempre ricordando che «non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio, che è anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze e dove ci sono elementi biologici che è impossibile ignorare»7. Proprio per questo Amoris Laetitia segue il solco di molti altri interventi papali nel condannare la «teoria del gender»8 poiché nega proprio la differenza sessuale: «non si deve ignorare che «sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare» […] Una cosa è comprendere la fragilità umana o la complessità della vita, altra cosa è accettare ideologie che pretendono di dividere in due gli aspetti inseparabili della realtà»9. Anche in questo caso la «teoria del gender» si lega alle tecnologie, colpevoli di aver reso possibile la generazione slegata dall’atto sessuale tra un uomo e una donna, aprendo la strada a diverse forme di genitorialità e di legame. Riemerge l’idea che il presunto ordine del mondo venga disturbato da differenze non a immagine e somiglianza di quella immaginata da Dio. Proprio per questo è guardata con sospetto anche quella educazione sessuale che si esprime in un «invito agli adolescenti a giocare con i loro corpi e i loro desideri»10, mentre andrebbe incoraggiato il pudore e la volontà di legare il sesso alla promessa pubblica del matrimonio. Questa educazione, secondo le parole del Papa, dovrebbe proteggere dall’alienazione e dalla reificazione che nascerebbero dal pensare al proprio corpo come strumento e luogo di piacere e non solo come interiorità da proteggere e sede del divenire del disegno divino della procreazione.
Questi brevi cenni dalla Amoris Laetitia raccontano di una dottrina che lega la felicità all’adesione ad un progetto altrui, in un ordine precostituito sulla base di differenze corporee che danno vita a differenti ruoli in vista della continuazione del genere umano. Una dottrina che guarda con sospetto ogni deviazione o sovversione rispetto alla norma e che vede nei corpi un destino già scritto. Questo impianto, spogliato di tutte le aperture alla misericordia, non sembra portare niente di nuovo sotto il sole. Ma nell’incontro tra l’Amoris Laetitia e i movimenti sociali sembra prendere corpo l’idea di una politica che mira a sovvertire il presente mantenendo salde le strutture di genere. Il silenzio proprio su questi temi segnala infatti l’idea che si possa pensare di modificare il mondo immaginandolo sulle base delle forme della famiglia patriarcale. Certo, molti dei movimenti che hanno incontrato il Papa non condividono questa sua visione, ma evidentemente ritengono che il genere sia un tema che può essere sganciato dagli altri e non una lettura complessiva dell’esistente che, se presa sul serio, modificherebbe anche il modo di parlare di Terra, Casa e Lavoro e di combattere le strutture di oppressione e sfruttamento. Intrecciando le oppressioni e le lotte, ma scegliendo di lasciare da parte le battaglie che riguardano i generi e le sessualità, la Chiesa offre una via per cambiare il mondo riconsegnandolo ad un ordine naturale che da un corpo di donna sembra ugualmente oppressivo.
Note
↩1 | Carta di Santa Cruz, 2015 http://movimientospopulares.org/wp-content/uploads/2015/07/Carta-di-Santa-Cruz-italiano.pdf |
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↩2 | intervista a Juan Grabois, in Alessandro Santagata (a cura di),Terra, Casa, Lavoro, Ponte alle Grazie, 2017 p. 92 |
↩3 | Amoris Laetitia, 2016, pp. 32-33 http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/documents/papa-francesco_esortazione-ap_20160319_amoris-laetitia.html#_ftn18 |
↩4 | Amoris Laetitia, p. 44. |
↩5 | Amoris Laetitia, p. 67. |
↩6 | Amoris Laetitia, p. 145. |
↩7 | Amoris Laetitia, p. 220. |
↩8 | Su questo tema si veda: Sara Garbagnoli, L’ideologia del genere: L’irresistibile ascesa di un’invenzione retorica vaticana contro la denaturalizzazione dell’ordine sessuale, in AG AboutGender, 6, 2014 pp. 250-263, http://www.aboutgender.unige.it/index.php/generis/article/view/224 |
↩9 | Amoris Laetitia, p. 46. |
↩10 | Amoris Laetitia, p. 217. |
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