Quando in un libro dedicato all’esperienza di una coppia di vignaioli friulani si legge che l’erba può essere acerba, le mucche verdi e le chiome integrali forse quello che si sta leggendo >…
Filosofia pratica di una vigna
Per una biologia da combattimento
Un ambiente che ancora si ostina all’equilibrio. Ma perché funzioni occorre che siano attivi, pensanti, immaginativi e reticolari coloro che in quel contesto naturale operano tutti i giorni.
Come il titolo lascia intendere, l’argomento principe non è il vino: il libro parla dei Vignai da Duline, duo con uno spiccato senso collettivo, composto da Lorenzo Mocchiutti e Federica Magrini, e della loro filosofia pratica fondata sull’esperienza, sulla sensibilità e sull’idea di fare vino e occuparsi della terra. I territori/vigneti coinvolti e curati sono La Duline e Ronco Pitotti, in Friuli.
L’approccio dei Vignai, la loro filosofia pratica (quasi una pratica filosofica, un pensiero che comprende un bel po’ di cose dell’agire umano e dell’essere della terra) non poteva non essere raccontata nella sua genuinità se non dalla genuina Simonetta Lorigliola.
Simonetta è legata da uno spirito, da una chiara impronta passionale verso questa materia, che conferisce spesso un secondo significato alle parole, come usano i poeti. L’autrice affronta le biografie del duo senza pedanterie né perdite di tempo, con informazioni mirate a far emergere il carattere, le convinzioni, la volontà e la convergenza di visione. Evito un elenco dei temi, pensieri, passaggi – e paesaggi – umani che vi sono raccontati. Sono vari e piacevolmente disparati.
Il paesaggio non è un punto focalizzato né focalizzabile, è una visione d’insieme straordinaria che comprende anche quello che non si vede, quello che c’è vicino e quello che c’è stato : le esistenze minerali, vegetali e umane non possono non comunicarsi al territorio
Il paesaggio non è un punto focalizzato né focalizzabile, è una visione d’insieme straordinaria che comprende anche quello che non si vede, quello che c’è dietro (il lavoro dell’uomo, ad esempio), quello che c’è vicino (l’oltre confine ad esempio, oppure il sotterraneo) e quello che c’è stato (la storia e i luoghi in movimento): le esistenze minerali, vegetali e umane non possono non comunicarsi al territorio. Questo l’autrice lo sa, la sua sorvolata che decolla dai Vignai e lì vi atterra, è essa stessa un paesaggio.
Nel suo lavoro si parla di scelte biologiche da combattimento, di paleopatologie, di Arbe Garbe, di strumenti della tradizione popolare come azione di rivolta, di coltivazione biologica come valore contestatario nei confronti di produzioni, distribuzione e consumo, di vegetarianesimo, di diversità delle bottiglie (anche loro fanno parte del paesaggio, dico io), di etichette… Mi fermo perché non volevo dare un elenco e, per quanto piccolo, l’ho dato.
I contenuti del saggio sembrano, alle volte, uscire dal tema in approfondimenti imprevedibili e brevi che testimoniano la voglia di comunicare e la passione dell’autrice. Come quando un bambino racconta un’avventura straordinaria accorsagli: ti arriva tutto, ma in una narrazione insolita, entusiastica. E questo è un complimento. Parentesi che in verità sono frecce direzionali di un paesaggio più vasto che Simonetta vuole condividere e far convergere ai Vignai, con il loro passato presente e futuro. E se in questo narrato bambino possiamo trovare che qualcuna di quelle parentesi non è stata chiusa o non è stata aperta, facendoci sembrare di aver smarrito il senso e la strada, è una percezione falsa: siamo noi che non siamo abituati a questa narrazione saggistica non convenzionale. La struttura stratigrafica è quasi un voler inconsciamente ripetere le nodose, belle e vitali forme della vite. L’apparente confusione, insomma, permette di fruire di un paesaggio più completo, più profondo. È la profondità è tutto.
Simonetta, per bocca dei Vignai da Duline, del loro percorso di pratiche di avvicinamento all’ambiente e alle sue forme di vita, fa capire che anche la siepe perimetrale del vigneto influisce sulla qualità del vino, che l’agricoltura può avere una funzione sociale e terapeutica, che non esiste dissolvenza fra la particella agricola e il pianeta Terra e che le api possano compiere quello che io leggo come un miracolo quando resuscitano gli acini d’uva danneggiati. Oppure che la chioma deve rimanere integrale o che… ma ancora mi devo fermare.
Semplicemente, chi non lo legge perde qualcosa sulla conoscenza della terra, quella che si calca e ci fa vivere tutti.
condividi