Il potere dell’abuso sorprende sempre
Non è facile disimparare la vista bianca. Se non vede è per una ragione. E ci sono tanti nomi per definire ciò che interferisce con la nostra percezione – rimozione, dissociazione, blocco, trauma e tutto l’apparato concettuale affine. Sono tutti risultati di violenze fisiche e psichiche del capitalismo razziale patriarcale, inclusi – ma non riducibili solo a esso – lo stupro, la molestia e l’abuso sessuale.
Qui descrivo in che modo una combinazione di pandemia, polizia e alcune fotografie mi ha permesso di recuperare la mia esperienza personale. È un monito, non una storia di redenzione di chi ha vinto le avversità. Persino in una situazione in cui il torto è palese e il colpevole chiaramente vile, la polizia è il problema e non la soluzione. Pensereste che lo avrei dovuto sapere. Il potere dell’abuso coglie sempre di sorpresa.
Lo sguardo fisso della sorveglianza che sostiene questa gerarchia si fa chiamare polizia, lo sbirro che presiede al fantasmatico «sé» isolato che è la mascolinità bianca. La decolonizzazione da questa sorveglianza poliziesca del «sé» è la pratica della libertà. Inizia con l’acconsentire a non essere questo «sé», o essere singolo, riconoscendo i multipli attori che compongono e circondano ogni persona. I corpi devono essere autonomi, ma il sé non è singolo.
La contraddizione offre un modo di «imparare finalmente a vivere» come diceva il filosofo Jacques Derrida. Nel mio caso questo è un progetto di vita della mezza età, iniziato retrospettivamente. La gente parla spesso di «sopravvivere» agli abusi. Non è l’esperienza che ne ho avuto io. Ho invece avuto quella di una frattura interna che crea una persona spettrale di «prima» e una persona dissociativa di dopo.
La dissociazione e il «sé»
C’è ben più di una persona implicata nella dissociazione di quel sé che non è un unicum. I più vecchi sé di prima e di ora cercano di vietare agli altri di trovare alcuni ricordi, alcuni modi di vedere. È il loro ruolo – la prevenzione, la censura. I loro mezzi sono la dissociazione, l’oblio, la dislocazione. Come funziona? Un esempio tratto dalla vita quotidiana: ho angosce ricorrenti su dove sono le mie chiavi e il mio portafogli. In metropolitana recentemente, sono improvvisamente spaventato di aver perso il portafogli. Subito dopo «io» mi accorgo di avere la mano sul portafogli nella mia borsa. Durante questo breve lasso di tempo ho cercato, aperto la borsa, visto e afferrato il portafogli, in pochi secondi. Ma l’«io» che ha sentito l’oggetto fisico nella sua mano non ha vissuto l’esperienza di questi secondi. L’unico modo per comprendere questo tempo non percepito è stato avere la sensazione del portafogli nella mia mano. Ci devono essere altre volte in cui non mi rendo conto che sto verificando qualcosa. Non ho nessun controllo su questi gesti.
La fotografia come portale
Le fotografie possono essere portali su questi «tempi morti», che ci aprono una possibilità di conoscere questi sé spettrali, morti ma non scomparsi. Questa connessione non è diretta ma funziona in modo associativo, sintomatico e al di fuori del nostro controllo cosciente. Durante la pandemia ero dissociativo tutti i giorni. Manifestavo per Defund the police a New York, mentre aiutavo la Metropolitan Police di Londra con le sue investigazioni per arrestare l’uomo che mi aveva sessualmente aggredito nel lontano 1973. Perché collaborare con gli sbirri? Per provare ad allertare la scuola in cui fui abusato e per vendicarmi del criminale. Non ha funzionato.
La polizia è fondamentale nell’apparato che rende invisibili lo stupro sistemico e l’abuso. Ci dicono «Circolate non c’è niente da vedere». E in quello spazio di non-apparenza, nelle istituzioni biopolitiche e disciplinari, dalle scuole, agli ospedali, alle prigioni, gli uomini bianchi trovano le opportunità per aggredire e abusare. Nel bel mezzo di quel periodo, il 3 marzo 2021, Sarah Everard è stata assassinata da un alto ufficiale di polizia di Londra. Era andata a piedi da vicino a dove un tempo abitavo, di fronte a Clapham Common, verso casa sua, fino a quando fu fermata col pretesto di aver violato le leggi di salute pubblica.
Usando il suo mandato e le manette, il poliziotto prima la violentò e poi la uccise. La settimana scorsa fu rivelato che un altro poliziotto britannico della stessa sezione aveva al suo attivo 24 stupri punibili per legge, ma sicuramente aveva commesso molte altre aggressioni. Fu poi rivelato che vi erano accuse di aggressione e abuso contro più di 1000 ufficiali di polizia. Non è una peculiarità di Londra ma della polizia in genere. La NYPD Special Victims Division è sotto inchiesta per «aver svergognato e abusato i sopravvissuti ed averli ri-traumatizzati durante le investigazioni». In breve questo tipo di violenze all’interno della polizia è la regola e non l’eccezione.
Quando le donne e i loro alleati chiamati dal gruppo di attivisti Reclaim These Streets il 13 marzo 2020 si riunirono per una veglia funebre in memoria di Sarah Everard’s a Clapham Common, la polizia britannica la caricò con violenza, in nome delle regole legate al virus. Apparentemente si sentirono «angosciati» da slogan come «assassini» o «dovresti esserci tu al posto suo». In una foto degli arresti che ebbe ampia circolazione, scattata da Chris Bethell, si vede una donna arrestata dalla polizia che indossa una maglietta con una celebre frase tratta dai «Truism» del 1982 dell’artista Jenny Holzer: «Abuse of Power Comes As No Surprise» (L’abuso di potere non sorprende). Il suo arresto forniva un esempio chiaro del punto di vista di Holzer ‒ l’arresto da parte della polizia di una donna che protesta contro la violenza della polizia contro le donne è allo stesso tempo un abuso di potere e tutto salvo una sorpresa. Per me, diventò un portale verso un gruppo di diverse associazioni mentali.
Mentre guardavo la foto di Bethell, anche il contrario dello slogan di Holzer mi parve vero. Nonostante professori, preti, celebrità, , DJ, allenatori di calcio, politici e tanti altri siano stati smascherati come molestatori dopo le rivelazioni dei crimini commessi per una vita intera da Jimmy Savile, tutto ciò sembra sempre sorprenderci, sembra sempre l’eccezione non la regola. L’allora commissario di polizia Cressida Dick descrisse l’assassino di Everard come a «wrong’un» (uno sbaglio). In questo paese l’espressione è sempre «la mela marcia» come nel caso dell’assassino di George Floyd, dimenticando che il senso della metafora è che una mela marcia fa marcire l’intera cassa. C’era un’altra serie di ironie poco divertenti in questo. L’opera di Holzer fa parte di un gruppo di altre 22 opere dell’artista di proprietà del Museum of Modern Art di New York. La maggior parte di esse fu acquistata da quando l’allora presidente del consiglio di amministrazione, Leon Black, fu chiamato per aggiungere più opere di donne e di artisti di colore alla collezione del museo. Tuttavia Black pagò anche158 milioni di dollari a Jeffrey Epstein con cui creò dei legal trust che permisero a Black di evitare di pagare 790 milioni di tasse. A fine marzo 2021 Black annunciò che non si sarebbe ripresentato all’elezione per il nuovo direttore. Ma fa ancora parte del consiglio di amministrazione. A novembre del 2022, Black fu accusato di aver violentato una donna nella casa di Epstein, è la seconda accusa di stupro contro di lui.
Questo tipo di uomini abusa e violenta in parte perché c’è una minima chance di essere chiamati a risponderne. In Gran Bretagna chi è arrestato per stupro e altri reati «sessuali» prende in media 4 anni e mezzo, ma il governo propose nel 2020 che la gente dovesse scontare 10 anni di prigione per aver danneggiato una statua. Se queste cifre sono sempre approssimative, si stima che oltre 85.000 stupri di persone che si identificano come di sesso femminile e di 12 000 di persone che si identificano come di sesso maschile abbiano luogo in Gran Bretagna ogni anno. Gli accusati sono al 98% identificati come di sesso maschile, al 78% bianchi. Solo 1 su 100 stupri denunciati alla polizia ha dato luogo a un’incarcerazione nel 2021. Negli USA è meno dell’1%.
La fotografia della piscina
Nell’agosto 2020, l’attivista visivo Benjamin Chesterton pubblicava rivelazioni su Magnum Photos e sulle fotografie di stupri di David Alan Harvey. Condivise con me una fotografia fatta dal fotografo della Magnum Chris Steele-Perkins nel 1974 nella scuola della City of London. Mostrava dieci ragazzi di circa undici anni raggruppati su trampolini davanti a una piscina. Erano tutti nudi. Ho obliterato i corpi in una copia della fotografia che per scelta è a bassa risoluzione. C’è una certa bellezza nelle figure, i diversi toni di grigio contro l’acqua chiara e la lavagna scura sono pregevoli. Ma. Perché questi bambini nuotano nudi e perché sono stati fotografati? (Foto di copertina).
Ho avuto uno shock da agnizione. La fotografia confermava un mio ricordo personale in cui mi si diceva di nuotare nudo a St. Paul. Più tardi ho scoperto che questo accadeva in quasi tutte le scuole private all’epoca. Questa ne era una traccia documentaria, prodotta per caso, che ha raggruppato i frammenti di memoria, mi ha aiutato a riempire i vuoti.
Questo adescamento ci abituava al comportamento in realtà strano di trovarsi attorno a corpi nudi a scuola e apriva le porte a tutto il resto. Un molestatore sistematico, il maestro di musica Alan Doggett, che creò Joseph and the Amazing Technicolour Dreamcoat con Andrew Lloyd Webber a St. Paul, si era persino trasferito dalla mia scuola a City of London.
Non particolarmente notata all’epoca, Magnum successivamente espose e fece circolare la fotografia in una mostra europea intitolata «Players: Magnum Photographers Come Out to Play» nel 2016, poi ripresentata a Madrid nel 2018. Chesterton trovò la fotografia nel catalogo e prima di esservi pubblicata era stata in vendita sul sito internet di Magnum. Anche dopo Jimmy Savile, nessuno vi aveva visto niente di male, nemmeno il veterano curatore Martin Parr e la sua più giovane co-curatrice Christina de Middel. Forse la estrema stranezza della scena ha offuscato per loro il suo esplicito contenuto. O forse hanno fatto una ricerca su «nuoto» per accompagnare la pagina a fianco che raffigurava foto di nuoto e, abbagliati dalla loro propria vista bianca, non hanno visto quel che c’era da vedere.
Durante lo stesso mese di agosto 2020 stavo iniziando un incarico d’insegnamento alla Magnum Foundation (che poi passò in remoto). La Fondazione era scarsamente legata a Magnum Photos, senza alcun legame con queste storie e fotografie abusive, questo va precisato. Tramite queste sono poi riuscito a parlare col fotografo, Chris Steele-Perkins, dopo una serie di conversazioni preparatorie. Ho pensato che fosse un atto di generosità e di coraggio da parte sua parlarmi. Mentre avevo immaginato ogni sorta di scenario, scoprii che Steele-Perkins non aveva fatto altro che entrare dalla strada nella scuola casualmente e un professore gli aveva fatto visitare i luoghi. Era il molestatore seriale Doggett? O solo un altro maschio bianco che usava l’istituzione come protezione?
Steele-Perkins scattò solo questa foto nella piscina. Qualcuno della scuola gli chiese poi di non usarla. Sapevano cosa significava, anche allora. Quando gli chiesi se non era rimasto scioccato da quel che aveva visto, Steele-Perkins si fermò per un attimo. Si mise a ricordare lentamente che quando era stato lui stesso uno scolaro in una scuola privata, veniva punito obbligandolo a fare bagni ghiacciati nudo. Quindi non vedeva che quello che aveva fotografato era abusivo. E così il ciclo si ripeteva.
Riempire i vuoti
Con questa conferma nelle mie mani, sono riuscito a riempire i vuoti nella mia memoria. Diventò possibile allora non solo fare una denuncia ma anche iniziare una sorta di processo di giustizia emotiva. Ma la polizia non offre questo servizio.
Ho trovato la polizia britannica al tempo stesso indolente, inefficiente e intrusiva. Sempre avida di indagare fino ai minimi dettagli delle molestie da me subite, il semplice interrogatorio mio, di alcuni membri della mia famiglia e del colpevole già incarcerato (a causa di altre accuse simili) durò anni. Tre polizie differenti si occuparono del caso.
Tutto ruotava attorno all’interrogatorio del colpevole, un ex insegnante della scuola St. Paul, David Sansom, che era già stato arrestato nel 2014 per simili reati che datavano degli anni Settanta. Quando il poliziotto che eseguiva l’interrogatorio arrivava preparato con domande che erano concepite per incastrarlo obbligandolo a parlare, rimaneva scioccato dalla sua personalità trasformista. Prima e dopo l’interrogatorio, cercava di mostrarsi socievole facendo domande banali da persona di classe media, tipo «come è arrivato qui? In treno?». Durante l’interrogatorio, sorgeva un’altra personalità, sarcastica e insolente, che rispondeva «no comment»i n modo che sembrava a tratti violento. Nessuna confessione, nessun caso. Un processo che iniziò nel 2019 terminò a maggio 2022, come spesso accade con NFA: No Further Action (nessun provvedimento supplementare). La polizia si era disinteressata dopo che Sansom si era dichiarato colpevole in aprile 2021 di aver commesso un’altra sere di reati contro ragazzi al di sotto dei 14 anni a Londra. Il risultato è che l’unica parola che abbia avuto delle conseguenze durante tutti questi anni di investigazioni, che fosse della polizia, dei terapeuti o mia, è stata quella del violentatore. Poiché lui questa volta non ha parlato, non è accaduto nulla. Non ero autorizzato a seguire la storia di Sansom sui media man mano che si dipanava, anche se mi avrebbe aiutato a comprendere la mia propria vita. La polizia mi spiegò che se ci fosse stata un’azione legale, tutti i miei dispositivi elettronici sarebbero stati sequestrati e perquisiti. Qualsiasi prova che avessi fatto delle ricerche su Sansom avrebbe funzionato come attenuante a vantaggio dell’avvocato della difesa. È ovvio perché la gente non denuncia questi reati.
La polizia più tardi perse il filo. Sansom lavorò solo per un anno a St. Paul tra il 1972 e il 1973. Durante quel periodo commise reati per cui fu incarcerato nel 2016 ‒ ed altre aggressioni non denunciate come quella contro di me. Ma la scuola, che ovviamente sapeva cosa aveva fatto – perché lo licenziò, anche se era strapiena di molestatori – non fece nulla, permettendo che l’altra serie di molestie avesse luogo. È lo stesso nella chiesa cattolica: nascondi il reato e sposta il colpevole. Nel 2020, un’inchiesta indipendente trovò che più di 80 reati furono commessi da 32 insegnanti a St. Paul’s School durante un periodo che va dal 1960 al recente 2017. In aggiunta alle ripetute aggressioni e ai multipli abusi, un insegnante aveva una vasta collezione di pornografia infantile e c’era violenza sistemica contro bambini di appena otto anni.
L’intero sistema schifoso è totalmente colpevole
Quel ciclo è stato interrotto ora? Sì, Epstein, Weinstein, Maxwell e Prince Andrew se ne sono andati. Ma sembra ancora che ogni trasmissione televisiva che guardo abbia l’abuso come la sua «rivelazione». Perché la questione non è solo quella degli uomini predatori (e occasionalmente delle donne facilitatrici). Si tratta delle istituzioni. La gente negli USA mi chiede come mai una scuola che ha reso possibili la violenza e l’abuso per decenni è ancora autorizzata a funzionare ed è una buona domanda. L’abuso in altre scuole private è stato reso pubblico eppure l’abuso sessuale pare sia ancora «comune» in tutto il sistema scolastico britannico. Servirà, per cambiare le cose, un cambiamento sistemico: dalla scuola all’ospedale, passando per i media e soprattutto per la polizia.
Traduzione dall’inglese di Fulvia Carnevale
Articolo originale: https://nicholasmirzoeff.substack.com/p/the-power-of-abuse-always-comes-as
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