In my heart forever

«Compleanno» di Enzo Moscato

Compleanno foto di Giovanni Tomassetti
Enzo Moscato in "Compleanno" - Teatro India di Roma. Foto di Giovanni Tomassetti.

Dal 28 settembre al 2 ottobre, al Teatro India di Roma, è andato in scena «Compleanno», di e con Enzo Moscato.
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Oggi lo sappiamo di chi è il compleanno e lo sappiamo bene, ma ci perdiamo nel modo della domanda. La pronunciamo forse sottovoce, bisbigliata, la rubiamo al tempo bastardo che ci sfugge dalle mani e dagli occhi. E poi c’è la questione del pudore, della discrezione. Di fronte ai morti che sono sempre morti giovani quasi ci fosse un tempo della morte che fosse accettabile, un’età giusta ecco. Per lasciarci in questo stato d’assedio senza fantasmi che ci possano illudere di una compagnia. O forse vogliamo ricordare – l’esercizio paziente della memoria che strappa vita alla sopravvivenza – con discrezione e quindi non ce la facciamo mai abbastanza la domanda: ma tu lo sai di chi è il compleanno, oggi? Lo chiedo anche a te, si. Tu lo sai?

Eppure anche se so che lo sai come me – cambia un nome, un’età, una data, delle città, qualche straccio di vita, la lingua che usiamo – a me oggi sembra che non mi stai sentendo. Forse perché io ho un tono di voce troppo basso: ma se ce l’ho è perché ho paura che il ricordo sia quel colpo basso che per un’ultima volta faccia del dolore una stanchezza senza rimedio. E faccio male ad aver paura, lo so, ma prendila come una dimostrazione d’amore. Si dice così, no? Eppure lo so bene anche io di chi è il compleanno oggi e lo sai bene anche tu, ma magari sbagliamo come poniamo la domanda. D’altra parte, ero piuttosto giovane anche io quando leggevo della questione straordinaria di Bateson e delle case di vetro: un ammonimento, pensavo che fosse.

Dobbiamo ricordarci che le nostre case sono tutte case di vetro e ci viviamo insieme alla professione medica, ai professori malvagi, ai cattivi governanti e così via dicendo. Non prestiamo mai attenzione a questa fragilità e continuiamo a tirarci dei sassi. Ci viviamo anche io e te, in una casa di vetro. A male parare i colpi, che la fortuna è di averli i pezzi, ancora. E questi pezzi, in una sera di settembre sono Ines, gli storpi fatti di cielo, il teatro lirico, i rossetti, i bassi napoletani, le puttane, i maniaci, Spinoza, l’edonismo di Reagan, questo tratto di geografie che da Babilonia fa provincia con Perdas de Fogu, un tragitto epidemia tra la carne e il sangue di cui sono fatte le rose. Cinque, erano quelle di Jennifer. E anche questi inciampi – sempre sulla linea del tempo – in cui non mi ricordo bene se è il compleanno anche di Anna Cappelli oppure Donna Clotilde, il Nuovo Teatro Napoletano. Nuovo e giovane. Da morto.

C’è quella sedia con il tulle che è vuota. Perché Annibale Ruccello muore giovane. E il morto giovane non si accetta: da vecchi si, forse, ci si illude, da giovani no. Intendo dal punto di vista del senso comune. Con il morto giovane si spezza in gola la nostalgia e insieme il futuro, la possibilità. Quindi, da una parte, ci sforziamo di tenere in vita un ricordo e molto spesso sbagliamo i modi? Sperimentiamo – in quel riserbo attorno al quale abbiamo composto il nostro straziante dolore – un’impossibilità che non si fa dire, che si blocca, che prende altre vie. Che ci lascia sfiniti, anche. Ma c’è una gratitudine – e questa trabocca anche nelle parole e nel pianto degli occhi – che si costruisce insieme attorno a Enzo Moscato, nel giorno del tuo Compleanno che diventa nostro.

Una gratitudine per quello stato di grazia permanente che è il suo teatro sempre nuovo – vecchio, giovane, austero, straziato nel riserbo e nella sperimentazione linguistica – in questo affondo superbo nella vita che si disegna nei gesti delle mani e del volto sulla scena, si apre e chiude nella bellezza del canto, ti spacca la faccia attraverso la canna di una pistola e si vomita nello spumante, nei palloncini scoppiati. Nei fiori, d’altra parte è anche questa radicalità dei fiori e degli archibugi. Ma è nell’urlo non più soffocato della domanda, ecco il modo di chiedere con insistenza disperata e umanissima: ma lo sai di chi è il compleanno oggi, lo sai, lo sai? È il giorno del tuo compleanno oggi, del suo e del mio. In my heart forever Enzo. Finalmente nostro è questo giorno.

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