Spazi comuni e percezioni altre

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Gian Maria Tosatti, Sette Stagioni dello Spirito, 2017 - veduta dell'installazione, Museo Madre (Napoli) - Courtesy l'artista e Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee. Foto: Amedeo Benestante.

In questo Focus pubblichiamo la seconda parte del materiale del workshop Comunismo del sensibile di C17 – La conferenza di Roma sul comunismo (18 – 22 gennaio 2017). Se la prima parte, pubblicata qui il 25 aprile, era dedicata soprattutto all’intellettuale e alle sue trasformazioni, qui ci occupiamo della produzione culturale a partire dagli spazi collettivi. In Italia e in altri paesi la stagione dei Teatri occupati, e in generale le occupazioni a scopo culturale, hanno aperto uno spazio di discussione intorno a temi determinanti: cosa significa produrre cultura fuori dagli schemi dell’industria culturale mainstream eppure anche fuori dal ghetto in cui in passato è stata relegata la produzione culturale indipendente?

Come sfuggire, facendosi promotori di una produzione di qualità e alto livello, alla cattura e alla sussunzione operata dal sistema dell’arte ufficiale? Se da sempre l’industria culturale si ispira alla produzione più innovativa e sperimentale promossa dagli spazi indipendenti e collettivi (tra l’altro di punk-capitalismo ha parlato qualche anno fa Matt Mason indagando come le culture indipendenti innovino continuamente il capitalismo), come aprire, nelle pieghe della cultura più ufficiale, uno spazio della produzione culturale che non sia più uno spazio né pubblico né privato, ma davvero comune? È possibile giocare una partita mimetica con la produzione neoliberista? Quando la produzione culturale diventa una merce tra le altre, o meglio la merce per eccellenza, cosa possono ancora significare critica e curatorialità, nel momento in cui la critica scompare a vantaggio della promozione e la cura diventa un paradigma normalizzante?

Un museo, una mostra, ma anche un libro, a partire da quali condizioni e attraverso quale filiera organizzativa e produttiva possono ancora essere contenitori di sguardi non allineati e non addomesticati, come possono produrre sguardi stranieri sul presente, sulle relazioni e sul mondo che ci circonda, e rendere quindi possibili percezioni altre? A queste e altre domande si cerca di dare alcune prime, possibili, risposte con questa seconda parte del Focus dedicato al comunismo del sensibile.

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