Sperimentare il mondo
La luce solida di Fabio Mauri
«Una vita eterna non è lunga, è un istante senza tempo». È in questa frase di Fabio Mauri che, probabilmente, è contenuto e sintetizzato il senso più profondo del sodalizio che ha legato l’artista scomparso nel 2009 al filosofo Giacomo Marramao, che pubblica ora un libro dal titolo L’esperimento del mondo. Mistica e filosofia nell’arte di Fabio Mauri (Bollati Boringhieri, 2018), dedicato a un amicizia lunga un quarto di secolo. Un’amicizia tra un artista-filosofo e un filosofo-artista che hanno condiviso la medesima idea del tempo, e per essere più precisi, non solo l’idea, ma il tempo stesso, avendo i nostri diviso concretamente le opere e i giorni, il pane dell’arte e del sapere.
Ed è in questa comunità di vita che risiede il segreto di una scrittura, quella di un filosofo per un artista e viceversa (il volume, oltre agli interventi di Marramao, contiene anche un intervento critico di Mauri sul Passaggio a Occidente di Marramao, che fa del saggio filosofico vera e propria opera d’arte), che oggi risulta quanto mai preziosa e rara nel mondo del pensiero e delle arti. È solo l’amicizia, quella esemplare di cui parlava Montaigne, ci dice innanzitutto questo libro, a produrre pensiero e opera vivente. E se in Mauri – tra gli artisti italiani più radicali e senz’altro il più filosofico – la divisione tra lavoro intellettuale e manuale non ha più senso, lo stesso accade in Marramao per il quale il pensiero è una cosa, ovvero un oggetto vivo. È luce solida, come recita un’opera di Mauri del 1968, evocata nel titolo dell’ultima grande retrospettiva dedicata al nostro dal Museo Madre di Napoli nel 2016 (Retrospettiva a luca solida, a cura di Laura Cherubini e Andrea Viliani).
Affine è anche l’interesse per la Germania, dove la questione tedesca viene identificata anche da Mauri con quella europea, e simile l’approccio all’opera e al pensiero di Heidegger al quale Mauri dedicò una delle sue performance più significative, Che cos’è la filosofia. Heidegger e la questione tedesca. Concerto da tavolo (1989), che non a caso comprendeva la partecipazione di Marramao. In generale sia Mauri che Marramao, se da un lato riconoscono la terribile grandezza del mago di Meßkirch, dall’altro ne assumono tutta la problematicità, passando al setaccio l’ambiguità intrinseca di concetti come autenticità, patria, e origine, che tornano ancora e come un rimosso a ossessionare le sorti dell’Europa dei nostri giorni, presa nella morsa dei sovranismi identitari. Un’arte politica quindi, quella di Mauri, nel senso migliore del termine, come politico non può che essere sempre anche il pensiero, quando è radicale.
E particolarmente contemporanee risultano anche le opere Linguaggio è guerra (1975), in un mondo dove la rete determina un cortocircuito comunicativo tra linguaggio e politica, e Il Muro Occidentale o del Pianto (1993), emblema di un mondi diviso dove le frontiere si moltiplicano a fronte di una globalizzazione dei mercati che risveglia lo zombie identitario. E se Marramao avvicina Mauri ad Anselm Kiefer a proposito del lavoro sulla memoria e sul rimosso europeo, ovvero tedesco, particolarmente suggestivo risulta l’accostamento con Walter Benjamin e il suo concetto di storia. Infine, L’opera di Mauri, decodificata da Marramao, dimostra come la costruzione di una nuova Europa, non identitaria e post-statuale, passi davvero attraverso il lavoro dell’arte, ovvero una pratica che sia in grado di costruire un sensibile comune della differenza.
Il libro verrà presentato oggi mercoledì 28 novembre, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea alle ore 17.30 (viale delle Belle Arti, 131 – Sala delle Colonne). Con l’autore intervengono Fabio Benzi, Furio Colombo, Andrea Cortellessa e Paolo D’Angelo.
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