Bisogna difendere Foucault

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«Tra i tormenti giovanili c’è soprattutto l’omosessualità». Si è tentato di rileggere la frase varie volte, cercando anche di prendere una distanza emotiva dal gelido stupore che essa imprime. Ma niente, l’atmosfera di reazione e ottusità non si dirada, non stinge. L’articolo è a firma Marco Cicala, che non scrive sull’Avvenire, giornale che, tra l’altro, ci ha abituati a posizioni d’avanguardia sul tema dei migranti. È il Venerdì di Repubblica, che dedica al all’ «Allucinante Foucault» un inserto che scoraggia e lascia senza forza. Tutto il pezzo di Cicala racconta, involontariamente, il disagio in cui piomba la società progressista e responsabile, «ben» rappresentata da Repubblica, di fronte alle azioni e al pensiero di un uomo libero.

L’omossessualità è considerata un tormento, la curiosità sessuale una compulsività. Cicala commenta così una frase di F., che racconta dei suoi molti amanti: «il desiderio esplode compulsivo nella clandestinità». Se non facesse stare male questo andamento di sguardo, verrebbe da pensare a quell’irresistibile affresco comico e amaro, incastonato nel film «Ricomincio da tre», quando Massimo Troisi spiega a un ragazzo represso dall’autorità materna che può fare l’amore quante volte vuole, che la ragioneria, in cui il genitore recintava il gioco dei corpi, era solo una gabbia, era solo oppressione. Cicala fa il paio con quella figura gracchiante contro le minigonne e i grammofoni, perché dipinge l’intera vita di Michel Foucault come una devianza dalla regola. «Il giovanotto non stava benissimo», dice all’entrée del pezzo. Vengono le lacrime agli occhi a pensare che viene liquidata così l’inquietudine che c’è dietro la vita di un uomo tutta spesa nel tentativo di disinnescare la dittatura della norma. Che ne ha smontato l’impianto illibertario pezzo per pezzo, non solo con gli scritti, ma offrendo il proprio corpo all’esperienza marginale. Prendendo la questione del controllo da tutti i lati, da quello della medicina a quello del carcere, da quello della spiritualità a quella dei corpi. Non dimentica Cicala, in una caduta di stile che sprofonda lo stile nel baratro, le polemiche sulla pedofilia, accoppiate in una sequenza logica ad una islamofobia che strizzerebbe l’occhio ai movimenti delle banlieues francesi.

Il portato di questa concatenazione è veramente sconvolgente. Giacciono a terra come vittime dilaniate tutti gli studi decoloniali, che detronizzano l’occidente dalla sua prepotente centralità come luogo di interpretazione del reale. Vengono sporcate tutte le narrazioni sui sistemi classisti che relegano le periferie e i suoi abitanti (spesso migranti di seconda e terza generazione) a un destino di subalternità e sfruttamento. «Nella maretta le responsabilità intellettuali attribuite a Foucault appaiono comunque pretestuose», spiraglia Cicala a proposito di scritti che avrebbero solo ragionato sul portato costituente della spiritualità prima dell’imbalsamatura nel regime religioso di Teheran. Però l’apertura al decente dura solo qualche riga, per precipitare in un «colpisce che Foucault non abbia mai veramente ritrattato quell’argomento».

L’articolo ha un ritmo talmente serrato per quanto riguarda lo sconcerto che sorprende come, in appena tre pagine, si sia riusciti a fare un danno così grande, elaborando un ritratto caricaturale e grottesco. Come quando si dice che della sua esperienza negli Usa F. fosse rimasto colpito dalle «saune, dai gay bar, dai club sadomaso, dalle ammucchiate californiane». E non servono tante spiegazioni per respingere con disgusto questo far credere che le analisi americane avessero la gittata di un «tormentato», per dirla con le parole di Cicala, che difende i luna park della sua pratica sessuale. D’altronde lo stesso Foucault, risistemando quegli articoli, li ripensò nell’ottica di una rottura delle gerarchie, di una ontologia del presente.

Accompagna il pezzo un commento di Nicola Lagioia sugli usi scientifici dell’Lsd. E pare veramente di stare all’oratorio più bislacco del mondo, là dove sesso e droga vanno sempre a braccetto sulla via del diavolo. Chiude il suo pezzo Cicala con un «ci trasmette brividi non per forza gradevoli, Focault». Chi ha scritto questo pezzo ci precipita nella disperazione, invece.

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