Questo non è un congedo
Per Giovanna
Ah Giovanna. Mi sento più sola da quando so che non sentirò più il tuo squillante «Tesoro!» che ancora continua a risuonarmi nella mente, con quel tuo timbro particolare della voce. Nessuno mi chiama così, come nessun’altra porterà mai con altrettanta svagata grazia le calze bianche contenitive nel letto d’ospedale dopo il trapianto come fossero seducentissime autoreggenti: eri così elegante quando sono venuta a trovarti a Padova ad agosto, ne abbiamo scherzato insieme, ma eri proprio bellissima, come sempre, tanta e tale la tua voglia di vivere che ti rende unica.
Com’è difficile scrivere di te Giovanna e quanto invece vi sarebbe da dire: a scorrere la lista di quanto tu stessa hai scritto così come compare sul sito della Sapienza dal 2017, quando ti sei ammalata in modo certo, a oggi, vi è da rimanere stupefatti della vastità dei tuoi interessi e del tuo impegno. Dalle amate rivoluzionarie: Olympe de Gouges, Charlotte Corday, Louise Michel, fino a Verónica Gago, dal sempre letto Marx fino a Eugenio Colorni nel fare e nel farsi dell’Europa, argomento della tua tesi di dottorato, il tutto mescolato senza soluzione di continuità con l’entusiasmo per il tutorato didattico universitario di cui abbiamo parlato insieme a lungo, al godere della vita e dell’amatissimo mare, all’ancor più amato Gaetano, alle amiche e agli amici cui ti sei sempre rivolta con infinita tenerezza. Ne hai scritto anche in un messaggio corale prima di rientrare, questa volta definitivamente, in ospedale a Padova, con la pacata forza di un lungo apprendistato che sostiene anche il congedo.
Ma io no, cara, non sono ancora pronta a prendere congedo da te di cui tutto mi amora, gli stivali bianchi da suffragetta del tuo matrimonio insieme all’arte così tanto coltivata della gioia e del vivere lieve: «non può esserci altro programma» mi hai scritto e pensandoti me lo tengo stretto sapendo che ne fai parte. Continuerò a parlare con te mentalmente, ad arrabbiarmi perché non ci sei, ad ascoltare la tua voce nella mente, a scriverti lettere come questa, affidate alle onde e al vento che ormai ti trasportano e ti culleranno lievi.
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