Il viaggio degli apodiformi

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Anna Oberto 1974, L'Utopico o la scrittura video-fono/grafica, scrittura, polaroid, collage su cartoncino Schoeller, cm 50x35

Anche queste vacanze sono delle migrazioni coatte. Dal al. Una doppia con letto aggiunto e uso del phon in esclusiva. Dormo e faccio colazione. Bed and breakfast. Me ne vado al sud, almeno assieme ci scambiamo continuamente la nostra identità. «È il sud in perdita il suo guadagno. A questo sud azzoppato non resta che volare» mi dice il libro-accompagnatore che divide la borsa con le creme solari, la carta di credito sempre messa nel portafogli davanti alla figurina di Padre Pio di modo che, (parola di mia nonna che mi ha regalato il santo) nessun bancomat del regno mi dirà che non posso portare a termine l’operazione.

Vedo da un faro bellissimo una luce sempre arancione, un mare poco disciplinato, scogli brulli, una natura boscosa che simula il suicidio buttandosi nell’acqua. E vedo questi uccelli che il mio amico mi dice sono «apodiformi», non hanno le zampe, non si fermano mai. Un migrante potrebbe dire al celerino che lo aspetta in un hotspot: la vita mi ha tolto la possibilità di fermarmi, mi faccia passare per ora sono un uccello apodiforme e sapesse quanto mi piacerebbe posarmi. Valgono altre leggi sulla superficie del mondo dove queste specie di rondini non cammineranno mai.

Vale la legge per cui un uomo toglie la libertà a un altro uomo dopo che questo ha attraversato il mare per essere libero. Vale che le migrazioni hanno una scadenza, e per lo più sono accettate per motivi di svago, vale a dire licenza di boccheggiare due settimane all’anno. Valgono segni convenzionali chiamate frontiere, vale che non conosciamo nessuna altezza.

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